Sale a 34 il numero dei neonati contagiati dalla tubercolosi ad opera di un’infermiera del reparto di neonatologia del Policlinico Gemelli di Roma ma da quello che risulta, in nessun caso la malattia ha superato la fase di quiescenza (che può durare anche 10 anni). Questo, ovviamente, perchè solo il 10% di chi viene a contato con i Mycobacterium tuberculosis ha la possibilità che l’infezione si sviluppi in patologia.
La situazione dunque è che non c’è una vera e propria epidemia, ma il livello di allarme resta altissimo, tanto che deigli oltre mille neonati di cui si parlava soggetti a controllo (quelli nati a giugno e a luglio) già sono stati estesi ai nati a marzo e probabilmente anche a febbraio. Il Codacons, il Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, ha presentato un nuovo esposto alla Procura della Repubblica e i dati sono allarmi:
Il marito dell’infermiera avrebbe avuto la Tbc nel 2004 e desta sconcerto che il Gemelli non abbia fatto le visite periodiche obbligatorie alla dipendente ogni anno, visto che sarebbe bastata una radiografia per verificare la presenza del morbo
nella nota si legge:
Il Codacos ha concluso la propria inchiesta sui gravi fatti del Gemelli, e ha accertato che l’infermiera R.P. da due anni e mezzo era nel reparto neonatale, e siccome la consulenza resa al Codacons dal professor Emilio De Lipsis ha attestato che il bacillo ha una incubazione di oltre 10 anni (e pare impossibile che nessuno in tanti anni se ne sia accorto) l’associazione ha chiesto alla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, di far identificare tutti, bambini e adulti, che negli ultimi due anni e mezzo (ma anche prima negli altri reparti) hanno avuto contatto con essa (purtroppo si tratta di migliaia di persone) e controllare la loro eventuale positività alla malattia.
Via|Codacons
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