Lo tsunami che ha colpito il Giappone qualche mese fa è ancora una ferita aperta, per il Paese, per il mercato e soprattutto per tutte quelle persone che hanno perso amici, parenti, conoscenti e magari anche figli. Questa è la storia di una mamma, che ha perso la sua bimba di 12 anni, e risucchiata dal crollo della scuola.
Un vero incubo che ha profondamente ferito numerose famiglie. La scuola si trovava proprio sotto una diga protettiva lungo il fiume Kitakami e nonostante le misure di sicurezza, l’onda è stata fatale. Ha investito 108 bambini: 69 sono morti e quattro non sono ancora stati ritrovati.
La palazzina dove studiava la sua bambina è stata distrutta e le acque del fiume hanno seppellito la zona, con detriti, fango e macerie, portandosi via Koharu (la quinta piccola dispersa). Le ricerche sono durate parecchi giorni, ma della figlia di Naomi Hiratsuka non si trovava traccia. La donna ha così deciso di non arrendersi e ha fatto un corso per guidare le macchine scavatrici di grandi dimensioni. Lo tsunami le ha tolto tutto, non poteva toglierle anche la possibilità di piangere la sua bimba.
Koharu, questo il nome della piccola, è stata ritrovata il 9 agosto, non sotto quel cumulo di sassi, ma vicino a un porto di pescatori a diverse miglia di distanza dalla scuola. La forza dell’acqua le ha fatto percorrere un viaggio devastante, l’ultimo della sua breve vita. C’è voluta l’analisi del Dna per essere sicuri che fosse lei: nulla l’ha resa riconoscibile. E ora che il funerale è stato fatto, la mamma “coraggio” ha deciso di non fermarsi.
Vuole che anche gli altri genitori possano ritrovare il corpo dei loro bambini. Naomi ha deciso di continuare a scavare e di aiutare le famiglie di quei piccoli finiti chissà dove, perché lo tsunami non si può dimenticare, non si può ricominciare a vivere come se nulla fosse, quando ti hanno strappato un figlio in questo modo. Per loro forse non ci sarà più pace, ma non è detto che non ci sia per i loro piccoli.
[Fonte: Il sussidiario]