Non è passato molto tempo da quando, care mamme, vi ho raccontato del nuovo test per conoscere il sesso del bambino alla settima settimana di gravidanza. Non ha alcuna controindicazione, ma alcuni esperti hanno sollevato una questione interessante: sapere se il pupo è maschio o femmina potrebbe indurre alcune coppie ad abortire. Questo vale soprattutto per alcune culture che considerano la donna meno importante dell’uomo. Questa tesi ora è stata avvallata da un nuovo allarme durante il congresso nazionale dell’ordine dei Biologi che si è appena concluso a Roma. L’argomento però è stato esteso anche ad un altro problema.
Quella dei test genetici, soprattutto prima di una gravidanza, è ormai una pericolosa moda: spesso i risultati sono interpretati male e spingono i pazienti ad azioni come l’interruzione di gravidanza anche quando non ce ne sarebbe bisogno
Manuela Seia del laboratorio di Genetica del Policlinico di Milano ha raccontato:
Oggi la maggior parte dei laboratori, anche privati, può tecnicamente effettuare questi test ma non tutti sono poi in grado di comprenderne il significato. Non basta dire che c’è una mutazione genetica, bisogna anche sapere se effettivamente da quella specifica mutazione potrà derivare una malattia e, se sì, di che gravità.
Il vero problema sta nel fatto che alcune mutazioni genetiche che possono essere individuate non sono ancora state collegate ad alcuna specifica patologia, altre rappresentano solo “fattori di rischio” per sviluppare delle malattie come nel caso della Sla. Spesso però all’analisi seguono messaggi allarmistici o sbagliati, che portano a decisioni dolorose per le future mamme. Infatti il genetista Bruno Dallapiccola ha approfondito il discorso sostenendo:
Ormai si trovano kit in commercio che analizzano fino a 100 geni, ma quasi nessuno sa che alcune analisi hanno degli errori fino al 35% . A spingere i pazienti verso questi test sono i centri privati: sulla base di questi messaggi sbagliati è logico che una mamma voglia spendere qualche migliaio di euro per la salute del proprio figlio. Io però sono contro l’idea che una persona possa comprare il test che vuole, ci deve essere a monte un’informazione corretta.
[Fonte: Corriere]