Il metodo Montessori

Il metodo Montessori fu messo a punto all’inizio del secolo scorso dal medico italiano Maria Montessori a partire dallo studio dei bambini con problemi psichici; ben presto però la stessa Montessori lo applicò all’educazione di bambini sani. Il metodo si fonda sull’assunto che il bambino è un essere completo che possiede particolari doti di creatività e moralità che l’adulto ha ormai perduto. Il fondamentale principio ispiratore dell’insegnante, o meglio dell’educatore, deve essere la libertà dell’allievo che permette lo sviluppo delle potenzialità insite in lui.

Questo non significa che il piccolo deve essere lasciato libero di fare tutto ciò che crede ma che l’adulto non può far altro che guidarlo amorevolmente nel processo di crescita fisica e psichica, che coincide poi con l’autorganizzazione, da parte del bambino stesso, degli stimoli provenienti dall’ambiente. Più precisamente, il bambino è dotato nei primi tre anni di vita, di ciò che la Montessori definisce una mente assorbente che lo porta ad assorbire, appunto, dall’ambiente alcune particolari informazioni (ad esempio il suono della voce umana che lo guida nell’apprendimento del linguaggio) a discapito di altre. Solo nel periodo successivo, quello che va dai tre ai sei anni, alla mente assorbente si associa, nel bambino, la mente cosciente mediante la quale il bambino assegna una logica organizzata ai contenuti assorbiti.

Scuola Materna, tagliati i fondi per lo studio dell’Inglese

Imparare l’inglese da piccolissimi per relazionarsi con più facilità alla lingua straniera. Le scuole di tutta Europa stanno discutendo sui programmi didattici, per migliorare l’istruzione delle nuove generazioni. La materia che sta più a cuore è l’inglese, mezzo indispensabile per introdursi nel mondo del lavoro e per comunicare. Esiste un’età giusta per avvicinarsi alla lingua? Se sì, c’è una tecnica più appropriata?

In Francia il ministro dell’Educazione ha annunciato un maxi-investimento nell’insegnamento dell’inglese fin dalla materna, perché gli esperti sostengono che il bambino tra 3 e i 5 anni sia già pronto per studiare una seconda lingua. Infatti, sono necessari schemi mentali che i piccoli si sono già costruiti nel corso della loro breve vita. Purtroppo in Italia non stiamo seguendo l’esempio dei cugini francesi e il motivo è la mancanza, come sempre, di fondi per la scuola pubblica.

Il bullismo inizia all’asilo e spesso coinvolge le bambine

Il bullismo si sta diffondendo tra i bambini. Se prima si trattava di un fenomeno sociale, tipico degli adolescenti, ora la fascia di età si è nettamente abbassata, tanto che è stato definito un fenomeno trans-sociale. Il luogo in cui manifesta maggiormente, ovviamente, è la scuola, dove ogni giorno nel 49,9% delle classi si compiono atti di bullismo. Ma vera notizia è che le famose pupe sono diventate delle baby bulle, visto che un bullo su 6 è donna e si sta diffondendo, in modo preoccupante, anche nella scuola materna. Ma questa è solo una delle facce del disagio minorile: per dimostrare il proprio potere, bambini e adolescenti si espongono a situazioni di rischio, a volte anche estremo.

Il bullismo in genere si manifesta verso gli 8 anni, ancora alle elementari, quando le classi si stanno strutturando e anche i rapporti tra i compagni devono equilibrarsi.  Purtroppo in Italia, ci sono esempi già di bulli di 4 anni, che aggrediscono i coetanei, prima verbalmente e poi fisicamente.  Le cause scatenanti sono la diversità, razziale o della disabilità e nelle medie e al liceo si aggiunge anche l’omofobia.

I bambini imparano le parolacce da neonati

Capita spesso di sentir dire ai bambini qualche parolaccia. Non sanno neanche il significato, ma sono consapevoli che sia un gesto da adulto e di protesta. Il luogo in cui imparano più spesso questo tipo di linguaggio è la scuola, almeno è quello che piace pensare a tanti genitori. Bisogna, invece, prestare più attenzione al modo in cui si parla in casa, soprattutto in presenza di neonati. Li vediamo piccoli e docili e ci sentiamo liberi di esprimerci: tanto non capiscono. Ma non è così, anzi sono molto più attenti e ricettevi di quanto non si possa immaginare.

Scuola materna: bambini mai da soli in bagno

scuola materna bambini mai da soli in bagno

Immagino che una delle preoccupazioni per le mamme ed i papà sia lasciare i piccoli all’asilo ed anche comprensibilmente visto che spesso le classi sono numerose ed a vigilare sui piccoli quasi sempre c’è una sola insegnante.

Bene ora proprio per tranquillizzare i genitori è arrivata la sentenza 9906 della Corte di Cassazione che ha stabilito che i bambini della scuola materna sono troppo piccoli per essere lasciati in bagno da soli. Le maestre non possono quindi solamente accompagnarli al bagno e poi tornare in classe dagli altri bambini; casomai, nel caso in cui non potessero “abbandonare” la classe possono chiedere al personale della scuola di restare al bagno con il piccolo.

La psicomotricità, un modo per socializzare

psicomotricitàLa socializzazione è una fase davvero importante per i nostri bambini, è uno degli elementi che ci spinge ad iscriverli a scuola e non a farli stare con una baby sitter quando ci assentiamo per andare a lavoro, è l’essenza del loro sviluppo e del loro percorso di crescita.  Per i bambini perciò tutte le attività che li portano a socializzare e a stabilire delle relazioni con gli altri sono fondamentali; una di queste attività è la psicomotricità una disciplina tesa a sviluppare i rapporti e le interazioni del bambino sia con gli adulti che con i suoi coetanei, attraverso la comprensione delle regole e il controllo del corpo e del linguaggio ad esso relativo.

Oggi nelle scuole materne e nei nidi d’infanzia spesso vengono organizzati corsi di psicomotricità, in cui i bambini sono coinvolti in attività che oltre ad insegnare loro a conoscere le nozioni del tempo, dello spazio, del corpo propongono la costruzione, la manipolazione, l’organizzazione di materiali e strumenti secondo stili personali di apprendimento.

Inserimento alla scuola materna: come affrontarlo

inserimento scuola materna

L’inserimento alla scuola materna è un periodo delicato per il bambino, soprattutto se non ha frequentato l’asilo nido, perché andrà preparato alla separazione dai genitori, in modo da rendere meno traumatico il momento del distacco. Nel caso in cui non sia andato al nido è bene far stare il bambino con i suoi coetanei il più a lungo possibile, in modo da farlo abituare a stare in mezzo ad altri bambini; questa regola vale soprattutto se il piccolo è figlio unico.

I primi giorni in cui il bambino frequenterà la scuola materna è meglio che almeno un genitore resti con lui in modo da trasmettergli sicurezza, poi, dopo quattro o cinque giorni, quando il piccolo si sentirà più sicuro, potrete anche allontanarvi. Per rendere meno traumatici i momenti il cui il bambino dovrà rimanere da solo all’asilo, cercate di stabilire dei piccoli “rituali” che lo rassicurino, come, ad esempio, tenerlo in braccio fino all’entrata o lasciargli un vostro oggetto che vi dovrà restituire al rientro.

Fategli sentire il vostro affetto, dicendogli che anche a voi dispiace non poter stare tutto il giorno con lui, ma che, dall’altra parte, siete contenti che vada in un luogo dove potrà stare insieme ad altri bambini ed imparare tante cose. Se il piccolo non vuole andare all’asilo, ascoltate le sue ragioni, mostratevi comprensivi, ma fermi, in modo che capisca l’importanza delle vostre ragioni, ed eventualmente, consigliategli come sciogliere le sue preoccupazioni.