Il vostro bambino si fa dei pianti disperati? Potrebbe esserci una soluzione per aiutarlo un po’. Per calmarlo potrebbe essere utile l’agopuntura. So bene che un pochino può spaventare l’idea di sottoporre il bebè a un trattamento simile, ma ricordo che gli aghi sono sottilissimi e totalmente indolore.
pianto del neonato
Il decalogo per aiutare mamma e papà a domare i pianti dei bambini!!
Fiumi di lacrime, per dire no, per dire basta, per ottenere tutto quello che desiderano. I bambini non hanno molti strumenti per affermare la loro volontà, almeno nel primo anno di vita, eppure ci riescono benissimo. È sufficiente sfoderare le lacrime e intenerire mamma e papà. Ma come possono gestire la situazione i genitori, facendosi rispettare?
Autismo: i primi segnali nel pianto dei neonati
Il pianto è il principale strumento con cui il neonato comunica con il mondo esterno. Con i vagiti, il lattante manifesta i propri bisogni e cerca di attirare su di se le attenzioni dei genitori e delle persone che gli stanno intorno. Dal pianto dei neonati, quindi, una mamma può capire, ad esempio, quando il bambino ha fame, ha sonno, quando deve essere cambiato o quando ha dei fastidi. I vagiti, oltre ad esprimere le esigenze del piccolo, sono in grado di trasmettere tutta un’altra serie di informazioni che non sempre possono essere colte dai genitori come, ad esempio, i segni premonitori dell’autismo. Una ricerca scientifica dell’Università del Kansas, negli Stati Uniti, ha evidenziato, infatti, come i primi sintomi dell’autismo possono essere riscontarti già nei primi vagiti emessi dal neonato. Secondo lo studio, condotto dal professore Stephen Warren, ascoltando nei primi mesi di vita il pianto e la voce del neonato attraverso un particolare esame dei suoni, è possibile capire se il bambino svilupperà la malattia. In questo modo, si potrà intervenire tempestivamente con una speciale terapia.
Il neonato piange, bisogna accorrere subito oppure aspettare?
Se avete già un figlio, ma anche se non lo avete ancora, vi sarete senza dubbio accorte che sul tema “Piange, che fare?” esistono almeno due scuole di pensiero: secondo alcune mamme quando il bambino piange bisogna accorrere prontamente senza attendere neppure un istante, secondo altre invece bisogna aspettare un po’ per vedere cosa succede. Il dibattito fra le mamme riflette d’altra parte quello fra pedagogisti e psicologi: una parte di entrambe le categorie professionali afferma che non bisogna lasciare piangere i bambini, un’altra che bisogna lasciarli fare almeno qualche minuto prima di intervenire.
Fermo restando che esistono situazioni in cui non è assolutamente possibile che una madre ignori il pianto del piccolo, ad esempio quando ha fame, freddo o paura, è possibile secondo voi stabilire chi ha ragione e chi torto? Se il neonato infatti non possiede praticamente altri strumenti se non il pianto per comunicare il disagio, come potrebbe una mamma lasciarlo piangere senza neppure accertarsi di quali siano i suoi bisogni del momento?
I bambini non vanno lasciati piangere
Il pianto dei bambini: un argomento di cui abbiamo già parlato all’interno di Tutto Mamma. In questo articolo vi abbiamo detto che esistono diversi “tipi di pianto” e soprattutto vi abbiamo consigliato di non lasciare piangere troppo a lungo i vostri bambini.
L’esperta Penelope Leach spiega
Un bambino lasciato solo alla fine smetterà di piangere non perché abbia imparato a dormire felicemente da solo, ma perché è estenuato e non spera più di ottenere aiuto
Il pianto del bambino, ciascuna mamma impara a capirlo
Il pianto è per il bambino molto piccolo un vero e proprio mezzo di comunicazione; mentre nei primi mesi di vita questo però non è intenzionale e, potremmo dire, serve al bambino per segnalare alle proprie figure di accudimento condizioni fisiologiche come fame, dolore, freddo, caldo o disagio (ad esempio perchè è sporco o bagnato) man mano che cresce il piccolo impara a usarlo in maniera sempre più mirata per attirare su di se l’attenzione di chi si prende cura di lui e ottenere un preciso risultato.
Alcune ricerche hanno poi evidenziato, ma molte mamme se ne erano già accorte, che il pianto del bambino assume caratteristiche differenti a seconda delle cause che lo determinano; naturalmente molte di queste sono rilevabili soltanto attraverso appositi strumenti, ma gli studi in questione, uniti, ci permettiamo di aggiungere, appunto all’esperienza di ciascuna madre, hanno permesso di giungere ad alcune indicazioni di massima utili nel quotidiano.
Il pianto del neonato, come interpretarlo
Hai appena partorito e sei stata dimessa dall’ospedale, ora sei in casa con il tuo cucciolo e stai iniziando a conoscerlo meglio, impresa non facile, visto che non esiste un libretto delle istruzioni per capire come funziona! In ogni caso noi siamo qui per questo, per aiutarti nel difficile mestiere della mamma. Oggi voglio parlarti del pianto del neonato e di come riuscire ad interpretarlo. Il pianto è il suo unico modo per comunicare un disagio e dunque è importante riuscire a capire quale messagio il piccolo ti sta inviando. Dalla nascita fino al terzo mese di vita gli episodi di pianto sono molto frequenti e riuscire a soddisfare l’esigenza espressa con il pianto è un modo corretto per conquistare la fiducia del piccolo e trasmettergli la sicurezza che siamo in grado a capirlo.
I bambini prematuri
Esiste un sito web chiamato prematuri.it, creato da Moige (Movimento Italiano Genitori) che fornisce utilissime e preziose informazioni a quanti (mamme, papà, parenti e amici) si troveranno (o si trovano) nella situazione di dover convivere con un bambino che è uscito un po’ troppo presto dal grembo materno. I parti prematuri rappresentano circa il 15% di tutti i parti.
I bambini prematuri sono più piccoli di quelli nati a termine; hanno una pelle più sottile e un colorito più rosso-violaceo. La testa, rispetto al corpo e agli arti sottile appare più grande. Solitamente nei bambini prematuri è presente ittero che può protarsi per lungo tempo.
I bambini prematuri non sono in grado di regolare la propria temperatura corporea e l’incubatrice per i primi giorni di vita avrà il compito di riprodurre il più fedelmente possibile l’ambiente del ventre materno.
I neonati piangono con l’accento della madre
Durante la guida delle settimane ti abbiamo più volte parlato del fatto che a partire dalla metà della gravidanza e soprattutto nel terzo trimestre il tuo bambino è in grado di ascoltare, memorizzare e riconoscere la tua voce e quella di tuo marito. Ora c’è una nuova ricerca che arriva a confermare questo dato, secondo quanto rivelato da uno studio condotto dai ricercatori della University of Würzburg e pubblicato sulla rivista Current Biology, infatti, il pianto dei neonati ha le inflessioni della lingua parlata da mamma e papà, e questo perché il bimbo assimila e apprende la cadenza e l’intonazione delle voci che sente mentre si trova ancora nell’utero della madre, nell’ultimo trimestre di gravidanza.
Pianto del neonato: ecco alcuni motivi
Per il neonato, il pianto è il mezzo per comunicare il suo stato di infelicità: sta a chi lo circonda riuscire a distinguere i vari toni del pianto: quello dovuto alla scontentezza da quello dovuto al malessere, oppure quello causato da un dolore, sintomo di un disturbo o di una malattia.
Quando verso i sei mesi il bambino ha già iniziato ad interagire con il mondo, i periodi di pianto si riducono notevolmente: si tratterrà più spesso di pianto irritato, ad esempio contro la propria incapacità fisica di seguire la curiosità, che di quello prodotto dalla stanchezza e dalla malinconia, e ancor meno quello dovuto a malesseri e malattie. In generale, i bambini smettono immediatamente di piangere non appena ricevono l’attenzione di cui hanno bisogno, cioè non appena sono presi in braccio o distratti.
In certi periodi, per evitare di doverli tenere troppo a lungo in braccio, può essere utile usare il marsupio: in questo modo il bambino si sente vicino a qualcuno che lo ama, lo sente parlare attraverso la schiena, partecipa alla sua vita osservando tutto, imparando e curiosando nel mondo, e crescendo in armonia con esso.