Ad essere sincera io i racconti di parto non li ho mai amati più di tanto; nè prima, nè dopo la nascita del mio bambino. Ho sempre trovato infatti piuttosto sgradevole che le neomamme raccontassero con toni apocalittici la propria esperienza di parto davanti a chiunque e ho sempre creduto che fosse poco delicato nei confronti delle donne in gravidanza eventualmente presenti, così come nei riguardi di quelle che non hanno ancora figli.
Non che io abbia cambiato idea. Ma questo non è un soggiorno pieno di uomini, donne e bambini e nessuno è obbligato a leggermi; inoltre, dopo tanto tempo, sono giunta alla conclusione che il mio è stato un parto felice e che quindi raccontarlo potrebbe essere d’aiuto a tutte quelle donne in attesa che temono questo momento perchè pensano che si tratti di un’esperienza cruenta che le farà soffrire in maniera indicibile.
Non che io non abbia provato dolore, però…
Erano circa le due del mattino quando svegliandomi di colpo ho capito che stavo entrando in travaglio. Saltai immediatamente giù dal letto e dirigendomi verso il bagno chiamai il padre di mio figlio: “Alzati. Il bambino sta nascendo”. “Come sta nascendo?” mi rispose “Forse perchè sono alla trentanovesima settimana di gravidanza?” gli risposi a mia volta.