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Il paracetamolo in gravidanza può essere pericoloso per il bambino

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Quante volte vi è stato detto di non usare farmaci in gravidanza se non sotto stretto consiglio medico? E quante volte vi hanno ripetuto che il paracetamolo è l’unico prodotto che si può assumere (sia per la febbre sia per i dolori) senza preoccupazioni? Questi sono due punti di riferimento per tutte le donne gravide, peccato che ora uno studio, realizzato dall’università di Aarhus, in Danimarca, e da quella della California a Los Angeles sostengano che il paracetamolo non sia poi così innocuo.

Deficit d’attenzione e iperattività, un disturbo in aumento?

Il deficit di attenzione e iperattività, noto anche con l’acronimo AdHd, è in aumento. Almeno negli Stati Uniti d’America. A lanciare l’allarme è il Center for Disease Control and Prevention (l’istituto superiore di sanità statunitense) che ha registrato, in patria, un incremento dei casi pari al 30 per cento in un decennio.

Infatti, mentre nel 1998 i bambini americani iperattivi erano poco meno del 7 per cento, nel 2008 la percentuale è salita al  9%. Gli studiosi non sanno spiegarsi il perchè del fenomeno ma ammettono che l’aumento dei casi di AdHd potrebbe dipendere, più che da un aumento dell’incidenza del disturbo, dalla maggiore facilità di giungere a una diagnosi e di accesso alle cure da parte delle famiglie.

Iperattività, riduzione dei sintomi da una dieta ferrea

Sembra che la dieta abbia un ruolo nella manifestazione dei sintomi della sindrome da deficit dell’attenzione e dell’iperattività. A sostenerlo è un gruppo di studiosi olandesi, la cui ricerca è stata pubblicata su Lancet. Il team di ricerca ha messo a dieta stretta un campione di cinquanta bambini di età compresa fra quattro e otto anni tutti affetti da sindrome di iperattività, quindi ha confrontato gli effetti di tale regime alimentare sui sintomi confrontandoli con quelli di una dieta normale seguita da un altro gruppo di bambini con lo stesso disturbo.

La dieta prescritta si basava di fatto sull’eliminazione di tutti i cibi potenzialmente allergizzanti e comprendeva soprattutto il consumo di alcuni tipi di carne, riso, alcuni vegetali e frutta. I piccoli hanno seguito la dieta per cinque settimane al termine delle quali gli studiosi hanno notato una riduzione dei sintomi tipici della sindrome. In una fase successiva sono stati reintrodotti alcuni alimenti allo scopo di valutare quali causassero una eventuale riacutizzazione di questi.

Bambini iperattivi, quando si può parlare di disturbo?

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La sindrome di iperattività infantile, nota anche con il nome di sindrome ipercinetica o disturbo dell’attenzione e dell’iperattività è un disturbo dell’infanzia del quale si sente parlare sempre più spesso; sebbene i suoi segni siano già presenti sin dai primi mesi di vita, alla diagnosi si perviene di solito al momento in cui il bambino fa il proprio ingresso a scuola: il deficit attentivo infatti, unito al comportamento impulsivo e, talvolta, aggressivo, di questi bambini si rende più evidente a causa sia delle difficoltà relazionali con i coetanei che dei problemi di gestione e contenimento incontrati dagli insegnanti.

In particolare, il disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, nel suo aspetto dirompente si manifesta soprattutto nei maschi mentre nelle femmine sembrano prevalere le difficoltà attentive. Attualmente si ritiene che alla sua origine vi siano cause di natura neurobiologica (legate al funzionamento della corteccia pre-frontale) sulle quali vanno ad agire determinanti di tipo ambientale; in altre parole se è vero che questi bambini presentano una sorta di malfunzionamento dei neurotrasmettitori che regolano alcune funzioni coinvolte nel disturbo (motricità e controllo degli impulsi) è anche vero che il contesto familiare e scolastico nel quale il bambino cresce può far molto per acuire o, al contrario, placare l’intensità dei sintomi.