Tra le tappe dello sviluppo c’è anche quella chiamata “capricci e strilli”. Molte mamme sanno già bene di che cosa si sta parlando e avranno alzato gli occhi al cielo per rassegnazione. Mediamente questa fase inizia intorno ai 2 anni e poi si evolve fino al termine dell’adolescenza. Possono esserci molti tipi di capricci e le cause possono essere differenti.
cosa fare se fa i capricci
Gestire la rabbia, tappa fondamentale dello sviluppo infantile
Imparare a gestire le emozioni negative, come la rabbia, è una tappa fondamentale dello sviluppo del bambino. Le manifestazioni esplosive di rabbia (urlare, fare capricci, scalciare), infatti, sono del tutto normali durante i primi anni di vita e tendono a scemare verso i sei sette anni, epoca in cui il piccolo inizia ad acquisire le capacità cognitive e linguistiche necessarie a svolgere questo fondamentale compito.
Terrible Two, se li conosci (non) li eviti
Se il vostro bambino duenne o giù di lì è improvvisamente diventato intrattabile, se la sua risposta a qualsiasi vostra richiesta è sempre No, se pianta grane continuamente e fa i capricci per un nonnulla, sappiate che è tutto tragicamente normale: siete entrate nell’indimenticabile fase dei terrible two, i terribili due anni.
Il bambino e la parolaccia, una storia vera
Ricordate l’ultima edizione dei mondiali di calcio? No? Be’ non le ricorderei neanche io se non fosse che mio figlio, proprio in occasione della prima partita dell’Italia, ha imparato a dire le parolacce. Anzi, una parolaccia. E non una da niente ma una di quelle proprio brutte che si dicono, sbagliando, a una persona che commette un errore grossolano.
Non vi dico la mia disperazione quando lo sentì ripeterla nello stesso istante in cui la captò e non potete immaginare il mio sconforto quando, nei giorni a seguire, cominciò a ripeterla di tanto in tanto. Il fattaccio però si ripeteva solo nell’ambito familiare (la diceva solo in presenza mia e del padre) ragion per cui decidemmo di ignorarlo sperando che la dimenticasse.
Questo fino a quando, durante una tranquilla serata insieme ad una coppia di amici, il piccolo non decise di esibirsi per il pubblico lasciandolo raggelato. Fingemmo tutti indifferenza e nessuno lo rimproverò o gli fece notare in qualche modo che non andava bene quello che aveva detto. Il principio era sempre quello: “Ha solo tre anni, ignoralo e smetterà di dirla”.
Temper tantrums, che paura!
Beate le mamme che non hanno mai avuto a che fare con i temper tantrums! Cosa sono? Be’ i temper tantrums sono quegli scatti d’ira o comportamenti bizzosi che portano il nostro dolce angioletto non solo a scagliarsi contro di noi quando gli viene negato qualcosa ma anche a tirare i giocattoli per terra, urlare, dimenarsi e chi più ne ha, più ne metta! Insomma, a mettere in atto tutti quei comportamenti che lasciano noi genitori attoniti e disorientati e che vanno ben oltre il semplice capriccio.
Stando a quanto dicono gli esperti, questo comportamento è del tutto normale nel bambino dai due ai quattro-cinque anni e anche se ci demoralizza assistervi anche con una certa frequenza, non significa affatto che siamo dei cattivi genitori nè che il nostro frugoletto (anche se in quei momenti è difficile considerarlo tale) ha dei problemi. Meglio quindi metterci tranquilli (almeno noi) e trovare il modo di affrontare il problema al meglio.
Il neonato piange, bisogna accorrere subito oppure aspettare?
Se avete già un figlio, ma anche se non lo avete ancora, vi sarete senza dubbio accorte che sul tema “Piange, che fare?” esistono almeno due scuole di pensiero: secondo alcune mamme quando il bambino piange bisogna accorrere prontamente senza attendere neppure un istante, secondo altre invece bisogna aspettare un po’ per vedere cosa succede. Il dibattito fra le mamme riflette d’altra parte quello fra pedagogisti e psicologi: una parte di entrambe le categorie professionali afferma che non bisogna lasciare piangere i bambini, un’altra che bisogna lasciarli fare almeno qualche minuto prima di intervenire.
Fermo restando che esistono situazioni in cui non è assolutamente possibile che una madre ignori il pianto del piccolo, ad esempio quando ha fame, freddo o paura, è possibile secondo voi stabilire chi ha ragione e chi torto? Se il neonato infatti non possiede praticamente altri strumenti se non il pianto per comunicare il disagio, come potrebbe una mamma lasciarlo piangere senza neppure accertarsi di quali siano i suoi bisogni del momento?
Bambini aggressivi, cosa fare?
Un bambino aggressivo può destare molta preoccupazione nei genitori; tuttavia sappiate che capita a quasi tutti, soprattutto dopo l’inserimento a scuola, di mettere in atto ogni tanto comportamenti come spintonare, mordere o colpire i propri compagni di gioco. Questo comportamento, del tutto normale, non ci deve assolutamente far pensare che nostro figlio è un “cattivo bambino” e che da grande sarà un adulto aggressivo.
Premesso questo, rimane comunque di fondamentale importanza far comprendere ai nostri figli che questo tipo di comportamento non è tollerato e che non devono mai metterlo in atto. Non ci dovrebbe voler molto a capire che per raggiungere questo scopo un genitore non deve mai mostrarsi a propria volta aggressivo nè verbalmente (ad esempio urlando) nè fisicamente (ad esempio afferrando il piccolo con forza); non solo non saremmo un buon esempio ma ci tocca anche ammettere che se vogliano punire nostro figlio perchè ha schiaffeggiato qualcuno sarebbe stupido dargli uno schiaffo a nostra volta.
I no che aiutano a crescere
Mi sono ispirata al famoso libro della psicoterapeuta di origine inglese Asha Phillips, I no che aiutano a crescere, per dare il titolo al mio post perchè oggi voglio riflettere insieme a voi su quanto sia importante dare dei limiti ai nostri figli imponendo loro, oltre che precise regole, anche dei divieti. Ho un figlio di due anni e so molto bene quanto a volte sia difficile per noi genitori contenere un bambino di questa età negandogli ciò che chiede con risolutezza e quanto sia facile cadere nella tentazione di cedere e concedergli ciò che vuole pur di mettere fine a un comportamento che ci snerva o ci imbarazza (mi riferisco alle classiche scene al supermercato, ad esempio).
Certo questa è una via facile da percorrere; dai al piccolo ciò che chiede e smetterà di strillare, ma credo che non bisogni essere degli esperti per capire quanto questo possa rivelarsi dannoso, a breve e lungo termine, per lo sviluppo dei nostri figli. I “no” infatti oltre ad avere una funzione educativa e di protezione della salute del piccolo, svolgono un ruolo fondamentale per un sano sviluppo psichico: solo se al bambino non verrà concesso tutto infatti sarà in grado di imparare a fare leva sulle proprie risorse per superare le difficoltà e tollerare le frustrazioni che la vita adulta ci impone, nonchè a cercare soluzioni alternative ai propri problemi.
Il bimbo fa i capricci, cosa devo fare?
Anche i bambini più miti fanno i capricci; questo comportamento diventa infatti caratteristico del bambino a partire dai due anni di età, anche se non mancano i casi in cui il piccolo comincia a darsi da fare già dai 12 mesi di vita. Il bambino capriccioso protesta per ogni cosa, non si mostra collaborativo al momento del bagnetto, della pappa o della nanna e manifesta tutto il proprio “disappunto” urlando e piangendo.
E’ questa una condizione che mette a dura prova la pazienza di qualunque genitore gettandolo talvolta persino nello sconforto, soprattutto quando i capricci sono molto frequenti. La stanchezza, il senso di smarrimento che si prova in quei momenti, la paura che il bambino si arrabbi ancora di più divenendo inconsolabile spingono talvolta mamma e papà ad arrendersi senza condizioni.
Purtroppo però accontentare sempre e comunque un bambino troppo capriccioso, se nel breve tempo concede un attimo di tregua, alla lunga rischia di rivelarsi controproducente: il bambino potrebbe crescere viziato, con tutte le sgradevoli conseguenze che questo potrà avere nell’arco di vita. Un bimbo viziato ha infatti buone probabilità di divenire un adulto viziato ed egocentrico. Cosa fare allora per correre ai ripari e svolgere efficacemente il ruolo di genitore, atto, fra l’altro, all’insegnamento al bambino di buone abitudini e regole sociali adeguate?