La placenta è un vero e proprio organo temporaneo che si forma nell’utero durante la gravidanza con lo scopo di proteggere e nutrire il feto; è un organo che madre e bambino condividono e che rappresenta il primo legame fisico tra i due: essa è costituita infatti per una parte dall’endometrio materno e per un’altra dai villi coriali del feto e al suo interno entrano tanto i vasi sanguigni della madre quanto quelli del nascituro che è collegato alla placenta attraverso il cordone ombelicale.
La placenta si differenzia dall’embrione intorno al terzo mese di gestazione e continua a svilupparsi fino al settimo mese quando appare come un disco di circa 18 cm di diametro e 3-4 di spessore centrale; il peso della placenta dipende da quello del bambino ma si aggira di solito intorno ai 600 grammi. La sua espulsione avviene nella parte terminale del parto, detta secondamento, e avviene al massimo entro un’ora dalla nascita del piccolo a causa della repentina riduzione del volume dell’utero che ne causa lo scollamento dalla parete uterina.
La placenta svolge numerose funzioni quali l’ossigenazione e il nutrimento del feto e la produzione degli ormoni necessari alla gravidanza fungendo allo stesso tempo da protezione per il passaggio di agenti patogeni e sostanze dannose. Ne consegue che si tratta di un organo fondamentale per il benessere del piccolo. Tuttavia, esistono diverse condizioni che possono guastarne il funzionamento portando all’instaurarsi di una condizione definita sofferenza placentare e rappresentata da un’insufficiente ossigenazione dei tessuti fetali.
I fattori che possono causarla sono tanto materni (malattie metaboliche, cardiovascolari, endocrine o polmonari), quanto fetali (malattie metaboliche ereditarie, malformazioni), ma può verificarsi anche a causa di infarto placentare, compressione del funicolo o nel corso di un travaglio molto lungo. Il primo segno di sofferenza placentare è la riduzione del battito cardiaco del piccolo che scende sotto i 120 battiti al minuto.
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