Aborto spontaneo, il trauma segna psicologicamente la donna

Soffrire di depressione dopo la nascita di un bambino è un disturbo, purtroppo, abbastanza diffuso, così come avere difficoltà a superare emotivamente il dolore di un aborto spontaneo o la nascita di un bambino morto. È così profonda la ferita che molte donne restano colpite da questo trauma per anni e in alcuni casi anche la nascita di un bambino sano non porta alcun sollievo. Non è con una nuova gravidanza che si supera lo choc di quella passata.

Questo almeno quanto sostengono i ricercatori dall’University of Rochester Medical Center researchers dopo un’analisi approfondita del tema. La nascita di un bambino sano non risolve i problemi di salute mentale che molte donne hanno avuto in seguito a un aborto spontaneo.

Aborto spontaneo, rischio maggiore con cardiopatie familiari

Uno degli eventi più brutti e drammatici che una donna può trovarsi ad affrontare durante la propria vità è, senza dubbio, l’aborto, soprattutto se spontaneo. L’aborto spontaneo è un evento piuttosto comune che interessa circa il 10-15% delle donne in dolce attesa. Si tratta dell’interruzione non voluta e prematura della gravidanza che, generalmente avviene entro il 180° giorno di gestazione. I fattori di rischio che incidono sul corretto andamento della gravidanza sono numerosi: malattie congenite, patologie pregresse, una dieta scorretta, cattive abitudini della donna come abuso di alcol, di fumo e di sostanze tossiche, etc..

Non sempre, però, le cause di un aborto spontaneo sono del tutto chiare e può succedere che la donna, anche seguendo uno stile di vita impeccabile, vada incontro ad un’interruzione spontanea della gravidanza. La ricerca, in questo senso, sta facendo passi da giganti ed è di pochi giorni fa la notizia che il rischio di aborto spontaneo potrebbe aumentare nelle donne che hanno i genitori o altri famigliari stretti affetti da cardiopatie.

Gravidanza, la depressione è più comune dopo il parto, che dopo l’aborto

Desiderare un bambino e restare incinta, cosa c’è di più bello? Purtroppo però non tutte le gravidanze vanno a buon fine e anche quando non ci sono danni fisici, quelli psicologici possono essere davvero importanti. Perdere un bambino è una situazione di dolore, che ti svuota completamente. Spesso capita che a seguito di un aborto, ci sia un periodo di depressione. Un recente studio ha però dimostrato che è molto più frequente la depressione post partum che quella dopo un aborto.

A sostenerlo sono i ricercatori provenienti dall’Università di Aarhus, in Danimarca, che hanno esaminato oltre 365 mila donne tra l’anno 1995 e il 2007. Tra queste più di 280 mila hanno avuto un figlio, e solo 84 mila un aborto. Secondo le analisi la donna cada in uno stato depressivo, ansioso o di disturbi mentali, molte più di frequente dopo un parto che dopo un aborto. Ora la domanda che ci facciamo tutti è: perché?

Poliabortività, le cause

Con il termine poliabortività, o abortività ricorrente, si indica l’interruzione spontanea di due o più gravidanze consecutive prima della ventesime settimana di gestazione. La probabilità che una donna abortisca due volte consecutive (aborto ripetuto) è minore del 5% mentre solo l’1% delle donne ha tre o più aborti consecutivi (aborto abituale). Nel 10% dei casi di aborto abituale il feto presenta anomalie cromosomiche ma le cause della poliabortività possono essere molteplici:

  • Anomalie genetiche: nel 70% dei feti abortiti spontaneamente si riscontrano anomalie cromosomiche
  • Anomalie ormonali: difetti di secrezione del progesterone, livelli elevati di LH e di prolattina.
  • Anomalie metaboliche: livelli elevati di glicemia nel corso del primo trimestre di gravidanza, più raramente disfunzioni tiroidee.
  • Anomalie anatomiche congenite o acquisite: anomalie dell’utero causate da miomi o aderenze che impediscono alla cavità uterina di distendersi.
  • Fattori di impianto: l’ovulo non riesce ad impiantarsi correttamente pregiudicando il proseguimento della gravidanza.

Gli aborti spontanei multipli aumentano i problemi cardiaci

Non ci sono delle buone notizie per quelle signore che purtroppo hanno fatto i conti o stanno facendo i conti con una realtà dolorosa: gli aborti spontanei multipli. Un recente studio, condotto dagli esperti del Cancer Research Centre di Heidelberg, ha collegato questo problema, all’insorgere di eventuali rischi cardiaci nel futuro delle donne. Per l’esattezza, le aspiranti mamme che hanno subito almeno tre aborti hanno cinque volte più alta la possibilità di avere un infarto o un ictus.

Non voglio spaventare nessuno, sono solo statistiche, ma credo sia molto importante valutare bene le conseguenze che certo traumi possono avere sul nostro fisico. I dati sono sostati elaborati dopo aver valutato 11.500 casi di donne con età compresa tra i 30 e i 60.  Chiamiamola la fascia della maturità femminile.

Concepimento, dopo un aborto più possibilità se non si attende troppo

Uno dei drammi più brutti e spiacevoli che una donna può vivere nel corso della sua esistenza è l’aborto, soprattutto se spontaneo. Spesso, la forza per andare avanti e la consolazione arrivano dalla speranza di una futura gravidanza a lieto fine. Una delle questioni spesso sollevata, a tal proposito, riguarda il tempo che bisogna aspettare prima di cercare una nuova gravidanza dopo un aborto. Fino a poco tempo fa, era convinzione comune che bisognava attendere qualche ciclo dopo l’aborto prima di riprovare a concepire un figlio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, consiglia di aspettare almeno 6 mesi dall’aborto prima di tentare una nuova gravidanza.

Sembra, però, che questa tendenza si stia invertendo. Un recente studio internazionale dell’Università di Aberdeen (Scozia), infatti, suggerisce dopo un’aborto spontaneo di riprovare subito ad avere un bambino in modo da ottenere maggiore probabilità di riuscita.

Le minacce d’aborto

minaccia d'aborto riposo

Come è facile intuire, con il termine minaccia d’aborto si fa riferimento al rischio, per la futura mamma, di andare incontro entro breve tempo all’interruzione spontanea di gravidanza (aborto spontaneo). Si tratta di una condizione piuttosto frequente e rappresenta sempre motivo di grande preoccupazione per la gestante, tuttavia, parlo in base alla mia personale esperienza, avere delle minacce d’aborto all’inizio della gravidanza non significa assolutamente che questa venga necessariamente pregiudicata; io stessa ho temuto di perdere il mio bambino nelle prime settimane, ma grazie alla terapia prescrittami dal ginecologo e a qualche giorno di riposo tutto è andato per il meglio.

Ciò premesso, è possibile riconoscere una minaccia d’aborto in atto dai tipici sintomi che consistono in perdite ematiche vaginali e dolori al basso ventre e a livello della regione lombo-sacrale:

L’aborto spontaneo

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Con il termine aborto spontaneo si fa riferimento all’interruzione prematura e non voluta della gravidanza entro il termine di 25 settimane più 5 giorni; nella maggior parte dei casi però l’aborto spontaneo si verifica nel terzo trimestre di gravidanza, ovvero nelle prime 12 settimane di gestazione, e interessa il 15-20% delle gravidanze.

In genere quando l’aborto si verifica nelle prime settimane di gravidanza, si assiste all’espulsione completa di ciò che i medici definiscono materiale abortivo, ovvero la placenta e l’embrione; è questo l’aborto spontaneo completo che può manifestarsi con emorragia e dolore al basso ventre. I sintomi però scompaiono in pochi giorni e la successiva visita ginecologica non evidenzia alcuna traccia di gravidanza, al punto che una donna che non sapesse ancora di aspettare un bambino potrebbe ritenere che il sanguinamento doloroso coincida con la comparsa delle mestruazioni.

In caso di aborto spontaneo incompleto invece il materiale abortivo viene espulso dall’utero della donna solo in parte, in questo caso quindi l’emorragia e i dolori dovuti alle contrazioni uterine persitono fino a quando il ginecologo non interviene per eliminare i residui della gravidanza attraverso il raschiamento o l’isterosuzione.

Aborto spontaneo: con un farmaco, forse, si può prevenire

aborto spontaneo

Mi rendo conto che quando si parla di aborto si tocca un tema molto delicato in cui sarebbe bene non esprimere posizioni di parte perché molto spesso non siamo a conoscenza delle reali motivazioni che possono spingere una donna a compiere un gesto piuttosto che un altro.

Voglio invece condividere con voi quanto ho appena letto riguardo l’aborto spontaneo. Sembrerebbe che grazie ad un farmaco, in uso nel campo dei tumori, il G-CSF i casi di aborto spontaneo potrebbero diminuire. Questa scoperta si deve al dottor Fabio Scarpellini, dirigente medico presso l’ospedale civile Parodi-Delfino di Colleferro ed è durato 12 anni.