Il nonno non c’è più. E dove è andato? Non è semplice spiegare ai bambini che la vita è finita e che, prima o poi, è necessario separarsi dalle persone che amiamo. Si scompare nel nulla, lasciando nell’altro un gran senso di solitudine. Gli adulti sanno trovare una spiegazione, che sia razionale o religiosa, che gli permetta di affrontare il ciclo della vita, se non serenamente, almeno con dignità. Ma i bambini?
In realtà, per i piccoli è tutto meno complicato. C’è un’accettazione degli eventi superiore, soprattutto perché quando sono molto piccoli non si pongono domande esistenziali. Diventa più complicato se sono un po’ più grandicelli (dai 10 anni in poi). Spesso l’errore di base è quello di volerli proteggere troppo. Ai funerali i bimbi è meglio che non vadano, in ospedale pure, non parliamo poi degli ospizi e dei cimiteri.
Proteggiamo i nostri piccoli da quelli che per noi sono i grandi dolori. Cerchiamo di tenerli all’oscuro della malattia, della vecchiaia e di conseguenza della morte, come se non vedere o non affrontare sia un modo per non soffrire. È realmente così? Non credo proprio. Mi rivolgo a voi con una riflessione assolutamente personale e spero di poter raccogliere quelle che sono le vostre considerazioni. Da bambina sono sempre stata tenuta all’oscuro e oggi sono sicuramente un adulto che non è in grado di elaborare un lutto. Non penso alla vecchiaia come una fase della vita, ma mi spaventa l’idea che sia il tramonto di un percorso.
Qualche anno fa ho visto il mio cuginetto di 6 anni dare l’ultimo saluto al nonno defunto, con grazia e naturalezza. Senza drammi, senza esagerazioni, ma con dignità e la maturità di un adulto. È sicuramente merito dalla mamma, che gli ha insegnato che non c’è nulla da temere: fa tutto parte della vita. Anche i bambini hanno diritto di sapere e di imparare, sin da piccoli ad accettare certe situazioni, perché poi – da grandi – diventa molto più complicato. Se avete voglia, consiglio il blog FiglioePadre.
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