Se siete secondogeniti potrete sapere bene che cosa sia la sindrome del figlio di mezzo: fino a poco tempo fa si tendeva a considerare il secondo figlio come inconcludente e un po dimenticato, schiacciato dal primo figlio e dall’ultimo (spesso il cocco di casa).
Attenzione però: sembra che la teoria del figlio di mezzo non abbia alcun fondamento scientifico. Questo è quanto sostenuto dalla ricerca condotta da Catherine Salmon, docente che psicologia di un’università californiana che nel corso degli ultimi 20 anni si è dedicata proprio allo studio delle personalità di secondi figli.
E i risultati, condotti sul oltre 400 studenti, sono stati sorprendenti: i secondogeniti appaiono più inclini a contare sui fratelli (a cui chiederebbero più facilmente aiuto) che non sui genitori, sono più adattabili, capaci di mediare con le persone e di trovare un accordo con personalità molto diverse. Insomma sembrano essere più indipendenti, sono di mentalità più aperta e sono propensi a provare nuove esperienze (anche nuove droghe), ad accogliere nuove idee.
Consapevoli di aver ricevuto meno attenzioni rispetto agli altri fratelli, il primo e l’ultimo, sanno anche farne tesoro senza essere invidiosi o rancorosi nei confronti del resto della famiglia. Nel suo studio la Salmon mette anche in evidenza un’educazione più indipendente e anche una sorta di minore assistenza economica nei loro confronti, dettaglio che li metterebbe nella condizione di essere più autonomi.
FIGLIO UNICO, LA SINDROME DEL BAMBINO E DEI GENITORI
Trasformando quello che potrebbe essere un’handicap in un vantaggio. Insomma la sindrome del figlio di mezzo, trascurato per via degli altri fratelli, insicuro e forse anche un po’ invidioso sembra non trovare alcun tipo di fondamento scientifico: anzi lo studio della Salmon non ha fatto altro che capovolgere in meglio un luogo comune consolidato da anni.
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