La prima preoccupazione di una donna incinta è: “Speriamo che sia sano”. Non importa quale sia il sesso, il colore degli occhi o dei capelli. Ciò che conta è la salute. Di recente uno studio ha notato una correlazione tra la fecondazione, la stimolazione ovarica e la sindrome di Down.
Ciò dipende dal fatto che le donne che scelgono la strada della fecondazione spesso hanno superato i 35 anni e sono entrate in un’età in cui è più facile che subentrino delle anomalie embrionali. Ora c’è un test non invasivo per accertare che tutto sia nella norma. È stato studiato da un gruppo di ricercatori britannici della Oxford University.
È uno screening embrionale che va a “pescare” (hanno usato proprio questo termine) tra le cellule che circondano l’uovo fecondato, che normalmente vengono gettate via. Il test precedente, invece, comportava un prelievo di cellule dallo stesso embrione. Questa tecnica comportava già di per sé fattori di rischio notevoli.
Ma c’è di più. Le mamme possono essere doppiamente contente, perché quest’esame è anche meno costoso e in grado di individuare tutte le anomalie, non solo quelle relative alla sindrome di Down. Sono dell’idea che anche a livello psicologico questa notizia sia estremamente positiva. Elpida Fragouli, coordinatrice dello studio, ha spiegato il funzionamento dello screening:
Nell’ovaio gli ovuli sono circondati da una ‘nuvola’ di minuscole cellule, conosciute come cellule del cumulo. Che sono regolarmente scartate durante un procedimento di fecondazione assistita, quindi è semplice ottenerle per effettuare l’analisi. Queste cellule, inoltre, sono molto utili per far luce sulle origini genetiche della anomalia cromosomica.
Queste sono cose, che forse a noi mamme interessano relativamente. È importante invece sapere che i risultati degli esami fatti con questo nuovo test sono risultati identici a quelli ottenuti con quello vecchio. Ciò vuol dire che i due esami sono identici, ma che ovviamente l’ultimo ha dei pregi decisamente maggiori.
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