Proprio ieri abbiamo parlato di quanto sia bello giocare con la sabbia. Bisogna approfittare del periodo di mare per far in modo che i bambini siano liberi di creare con sassolini, ghiaietta, conchiglie e tutto quello che il mare può regalare. Dalla sabbia, però, ha origine anche una terapia psicologica, chiamata Sand Play therapy.
L’avevo citata un po’ frettolosamente e credo, invece, sia decisamente meglio soffermarsi su quest’argomento con un po’ più di calma. Questa terapia permette di studiare le emozioni dei bambini, ma anche degli adolescenti, e capire se hanno dei disturbi e di che natura. Per esempio, è molto utile nei casi di bulimia e anoressia infantile. Questo metodo è stato elaborato da una psicologa svizzera, Dora Kalff, allieva di C. G. Jung.
Apparentemente può sembrare banale, perché si mette il bambino in una situazione di gioco che conosce molto bene, quella con la sabbia. È stata creata appositamente una sabbiera (una sorta di cassettina che contiene della rena). Al suo interno, il bambino potrà usare diversi oggetti, come pietre, sassi, ma anche figure di persone o animali. Non ci sono limiti, tranne uno: tutto deve avvenire all’interno della sabbiera.
La cassetta con la sabbia in linea di massima ha uno sfondo blu ed è larga circa 50 cm. Uno spazio abbastanza ristretto, in questo modo il bambino dovrebbe sentirsi più a suo agio. Deve, infatti, sentirsi libero di rappresentare qualsiasi cosa. Al tempo stesso, il medico, osservando il bambino, può capire e interpretare i suoi stati d’animo. Il Gioco della Sabbia ha quindi due funzioni: da una parte la rappresentazione dell’emozione, dall’altra l’esternazione del dolore o del problema.
Per questo motivo ieri abbiamo parlato tanto della sabbia e di quanto possa essere creativo e positivo divertirsi con il vostro piccolo a fare formine, ma anche castelli o strane costruzioni. È liberatorio e sicuramente è anche un processo di conoscenza.