È successo all’ospedale Martini di Torino: una donna di 37 anni dopo aver preso la pillola Ru486 per l’interruzione della gravidanza è morta. Non si sa ancora quale sia stata la causa esatta del decesso. Lunedì probabilmente si avranno i risultati dell’autopsia che chiariranno se la pillola abortiva ha avuto qualche responsabilità.
La donna che ha scelto l’aborto farmacologico ha seguito il protocollo standard: prima gli è stata somministrata una dose di mifepristone, la sostanza che entro 48 ore interrompe la gestazione. Poi in ospedale le è stata data la prostaglandina, che provoca l’eliminazione dell’embrione. Sembrava che tutto fosse andato a buon fine, senza complicanze. A 4 ore dall’aborto, la donna ha avuto la prima crisi: una fibrillazione ventricolare.
Il cuore si è fermato e la donna è stata operata d’urgenza. Dopo l’intervento, è stata trasferita in rianimazione dove ha avuto una crisi più forte della prima. Nulla è servito il tentativo di rianimarla. Il sospetto che grava su questa morta è quello che la pillola abortiva sia la responsabile: negli Stati Uniti ci sono stati già otto morti, mentre in Italia sarebbe il primo.
Dalla cartella clinica, si evince che la donna non aveva patologie tali da poter far sospettare un problema di questo genere. La famiglia non ha esposto ancora denuncia, ma l’Ospedale ha avviato un’inchiesta interna. Ovviamente si sono riaccese le polemiche sul tema. Cinzia Pellegrino, referente per Roma Capitale del Dipartimento di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale dedicato alla tutela delle Vittime di violenza, ha dichiarato:
L’aborto chimico è pericoloso, doloroso e psicologicamente traumatico. Tant’è che, come purtroppo dimostra il decesso di una donna avvenuto proprio in seguito all’assunzione della pillola abortiva all’ospedale Martini di Torino, il tasso di mortalità è addirittura 10 volte superiori a quello del metodo chirurgico.
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