Si ricorre al parto indotto principalmente in due casi: qualora si siano superate due settimane dopo la data presunta del parto o quando vi siano seri rischi per la salute della mamma, del bambino o di entrambi. Il parto può essere indotto, nel primo caso, con un massaggio manuale effettuato dalle ostetriche, che mira a stimolare la membrana uterina e che provoca un aumento dell’ormone prostaglandina. Nel caso in cui tale pratica non abbia prodotto gli effetti desiderati si passa all’iniezione, tramite siringa, di un gel di prostaglandine sintetiche somministrato direttamente in fondo alla vagina. Ma quali sono i rischi del parto indotto?
Il parto indotto può mettere in pericolo la futura mamma ed il bambino ecco perchè, prima di ricorrervi, sono diverse le possibilità da vagliare. Tra i rischi principali vi è la necessità di arrivare ad un taglio cesareo, che non è la situazione ideale nel momento in cui si induca il parto. Il secondo rischio, non meno pericoloso, è quello di provocare una nascita prematura che rappresenta una possibilità nel caso in cui si sia indotto il parto in gravidanze non a termine.
Il parto indotto può provocare anche la riduzione del ritmo cardiaco nel piccolo a causa dell’effetto collaterale di alcuni farmaci utilizzati allo scopo, e può esporre maggiormente sia la mamma che il feto a diverse infezioni. Anche le emorragie post-partum rappresentano un rischio nel quale poter incorrere. Queste sono dovute alla mancanza della contrazione spontanea delle pareti muscolari dell’utero.
Tra i rischi meno comuni, ma tuttavia possibili, vi è poi anche la rottura dell’utero. Secondo una recente ricerca effettuata in North Carolina, al parto indotto, e nello specifico alla somministrazione dell’ossitocina esogena alla madre, potrebbe essere legato il rischio di autismo nel bambino. Gli autori, tuttavia, tengono a precisare come siano necessari altri studi per confermare tali risultati.
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