Non è la prima volta che un reality show propone, come vincita, l’adozione di un bambino. In Occidente, nonostante i numerosi tentavi, questo genere di premi è sempre stato vietato, perché i neonati non devono essere commercializzati. In una società già al completo degrado ci manca solo un gioco come questo, in Pakistan invece lo spettacolo televisivo ha superato i limiti del reality.
Prima di criticare, però cerchiamo di analizzare la dinamica del gioco e soprattutto lo scopo. Il programma, condotto nel periodo del Ramadam dal famoso conduttore (ovviamente nelle sua Patria) Aamir Liaquat Hussain, offre premi in cambio di risposte esatte a domande sul Corano. Tra i premi, anche bambini abbandonati. È intervenuta, in difesa dello show, anche un’Organizzazione non governativa, che collabora con il programma tv. È intervenuti anche il presidente Ramzan Chhipa, chiarendo che i vincitori sono iscritti al progetto della ong e prima di prendere parte allo show hanno partecipato a colloqui con psicologi e non solo per le pratiche delle adozioni.
Una coppia che ha vinto una bimba ha raccontato che da 14 mesi cercava il concepimento senza risultati. La famiglia, e la società, lo esortavano a un secondo matrimonio fertile, ma ha preferito restare fedele a sua moglie e scegliere questa strada. Se da un lato sembra vera la pratica di adozione antecedente, dall’altro la coppia non sapeva nulla della consegna della neonata, avvenuta sotto i riflettori televisivi davanti a tutti.
Resta quindi un programma davvero pieno di ombre e c’è materiale su cui discutere. Non fa piacere pensare che molti bimbi siano completamente abbandonati, che non ci siano abbastanza famiglie per tutti e che al tempo stesso tantissime coppie non riescano a superare gli ostacoli dell’adozione. I piccoli però non sono pacchi e, se la burocrazia è diventata così ostile, dipende anche dal fatto che si sta cercando di proteggere i bambini, da tratte, percussioni, illeciti e schiavismo.
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