Morire di parto sembra impossibile nel 2012. Pensiamo ai nostri ospedali e crediamo di essere in una botte di ferro: è vero, manca spesso la terapia del dolore, ma i riparti di ginecologia e ostetricia sono preparati a qualsiasi complicanza. Invece, non è così. L’Italia è maglia nera per il tasso di mortalità dovuto al parto. Risulta essere tra i più alti d’Europa.
La prima volta che si è parlato di questo tema è stato grazie a uno studio pubblicato da Lancet, ora alcuni dati aggiornati dell’Istituto Superiore di Sanità hanno confermato il record negativo. Come si è giunti alla conferma di questo dato? È stato sufficiente incrociare le schede di dimissione con i certificati di morte: si ottengono ben 11,8 decessi ogni 100 mila nati (contro i 4 stimati). Il risultato è in linea con la media europea, ma molto più alto rispetto a quella dei Paesi dell’Europa occidentale. In Gran Bretagna la media è 11,4, in Francia 9,6, in Danimarca 8 e in Finlandia 5,8 (praticamente la metà).
Per giungere a questo quadro sono state studiate cinque regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia) dal Reparto salute della donna e dell’età evolutiva del Cnesps-Iss (la cui analisi è stata pubblicata sul rapporto Istisan), nel periodo che intercorre tra il 2000 e il 2007. Secondo questa ricerca, che ha tenuto in considerazione la mortalità materna entro 42 giorni dal parto, la media in toscana è 6,4, si sale a 7,6 in Emilia Romagna, a 10,2 in Piemonte, per poi arrivare ai picchi più elevati in Lazio (12,2) e in Sicilia (24,1). Insomma, di parto si muore anche in Italia e i rischi aumentano se la donna ha più di 35 anni (la media è di 17,7) e ha partorito con il cesareo (12,8 contro il 4,2 di parto naturale).
Serena Donati, ricercatrice Cnesps-Iss, ha dichiarato ai media:
Il valore di 11,8 non è un dato nazionale, ma di queste 5 regioni, ed è un valore medio tra i Paesi sviluppati occidentali. L’Europa dell’est ha valori peggiori dei nostri, mentre Francia e Danimarca migliori. La Gran Bretagna è poco migliore di noi con 11,4. Circa il 50% delle morti è evitabile, in parte perché legate a casi di emorragia ostetrica, preeclampsia e tromboembolia, che possono essere ridotte.
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