Come è facile intuire, con il termine minaccia d’aborto si fa riferimento al rischio, per la futura mamma, di andare incontro entro breve tempo all’interruzione spontanea di gravidanza (aborto spontaneo). Si tratta di una condizione piuttosto frequente e rappresenta sempre motivo di grande preoccupazione per la gestante, tuttavia, parlo in base alla mia personale esperienza, avere delle minacce d’aborto all’inizio della gravidanza non significa assolutamente che questa venga necessariamente pregiudicata; io stessa ho temuto di perdere il mio bambino nelle prime settimane, ma grazie alla terapia prescrittami dal ginecologo e a qualche giorno di riposo tutto è andato per il meglio.
Ciò premesso, è possibile riconoscere una minaccia d’aborto in atto dai tipici sintomi che consistono in perdite ematiche vaginali e dolori al basso ventre e a livello della regione lombo-sacrale:
le perdite ematiche vaginali sono dapprima rosso vivo e tendono successivamente ad inscurirsi; a causarle è di solito la perdita di tessuto coriale (di cui sono costituiti gli “involucri” che contengono il feto) o della decidua, ovvero il tessuto che riveste le pareti dell’utero in gravidanza.
I dolori sono invece causati dalle contrazioni uterine; motivo per cui si intensificano in maniera intermittente anche se può rimanere costantemente presente un dolore simile a quello normalmente provato durante la comparsa delle mestruazioni.
Quando la minaccia d’aborto si presenta nel primo trimestre di gravidanza il ginecologo prescrive in genere una terapia ormonale a base di progesterone (che riduce la contrattilità uterina e aiuta l’embrione a svilupparsi), se invece il rischio di perdere il piccolo insorge in fasi successive (entro la venticinquesima settimana più cinque giorni) successive vengono prescritti farmaci tocolitici, analoghi a quelli indicati in caso di minaccia di parto pretermine. In entrambe le circostanze la futura mamma deve stare a riposo assoluto.
In alcuni casi la minaccia di aborto può essere causata da una condizione denominata incontinenza cervico-segmentaria, che consiste nella difficoltà da parte del collo dell’utero di trattenere l’embrione; in questo caso, trascorso il primo trimestre di gravidanza, il ginecologo potrà intervenire praticando un cerchiaggio cervicale.
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