Come recentemente dimostrato da uno studio condotto dall’Università di Londra, “The importance of the eyes: communication skills in infants of blind parents” pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B., contrariamente a quanto si possa pensare, i bambini di mamme non vedenti sviluppano le proprie abilità comunicative esattamente come i figli delle mamme vedenti. Sicuramente l’incrocio di sguardi costituisce una delle forme di comunicazione più efficace tra gli esseri umani in generale ma quando ad incontrarsi sono gli occhi di mamma e figlio si innesca una serie di messaggi e segnali unici che favoriscono ed attivano lo sviluppo delle capacità cognitive del bimbo in arrivo.
Ma non solo, lo scambio reciproco di sguardi favorisce altresì il senso di attaccamento tra madre e figlio e ne rafforza il legame. Questo è ciò che accade normalmente e che, secondo la ricerca in questione non cambia nel caso di mamme non vedenti. Il processo dello sviluppo comunicativo avviene nella stessa identica maniera e con gli stessi effetti.
Quindi alla fine dei conti i bambini figli di mamme non vedenti non solo non presentano delle difficoltà ma addirittura avrebbero delle marce in più. Quali? “Una migliore conservazione della memoria visiva e tempi di risposta più rapidi agli stimoli esterni”. Il motivo di queste qualità risulterebbe trovare origine nel fatto che i bambini delle mamme non vedenti hanno diverse modalità per interagire con la madre, anche e soprattutto il tatto, sviluppandolo in maniera maggiore, e con il padre attraverso la vista.
E’ come se questi bambini possano attingere da più risorse sviluppate a seguito dell’handicap della madre così come tutti quei bambini che si trovano in una situazione diversa rispetto alla “normalità”. Un classico esempio è quello dei bambini che nascono e crescono in famiglie nelle quali si parlano due o più lingue.
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