Dopo le dichiarazioni del ministro Gelmini, che, nel corso di un‘intervista al settimanale Io Donna ha definito privilegiate le lavoratrici che rimangono in casa ad accudire il proprio figlio dopo il parto, abbiamo deciso di tornare sull’argomento mamme che lavorano per sciorinare qualche dato che confermi questa teoria.
Infatti forse non tutti sanno che, secondo l’indagine Istat “Essere madri” pubblicata nel 2007, ma riferita al 2005, una donna su cinque perde la propria occupazione dopo la nascita di un figlio (per licenziamento, chiusura dell’azienda ma anche per dimissioni volontarie), arrogandosi così il privilegio di rimanere in casa ad occuparsene per tutto il tempo che desidera. Il 30% di queste privilegiate hanno tra 25 e 29 anni, il 40% meno di 25.
Quanto alle privilegiate che invece godono di maggiori diritti, il 43,5% di esse torna al proprio posto di lavoro prima del compimento del sesto mese di vita del bambino, il 23% circa tra i sei e i nove mesi di età, il 22% tra i nove mesi e il compimento del primo anno e addirittura un oltraggioso 11% aspetta oltre questo tempo.
Quando finalmente decidono di tornare al lavoro, oltre il 50% di esse affida la prole ai nonni, il 9% ad una baby sitter, il 13% ad un asilo nido pubblico e il 14% ad uno privato; inoltre al loro rientro fra le mura domestiche il 63% delle ormai ex privilegiate non godono, giustamente, di alcun tipo di aiuto per sbrigare tutte le faccende che le attendono.
Meno male però che solo due donne su tre di età compresa fra i 30 e 40 anni hanno un contratto di lavoro che ne tutela i diritti alla nascita di un figlio, mentre solo una donna su tre di età compresa fra 20 e 30 anni gode dei medesimi diritti. Il carico di lavoro aumenta dopo il secondo figlio, dopo la nascita del quale i privilegi in termini di tempo trascorso in casa aumentano.
Che dire di più? Che mondo sarebbe senza Maria Stella?
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