Sapevate che noi mamme raggiungiamo l’apice della felicità quando il nostro bambino ha sei mesi di vita? A dirlo è uno studio condotto presso il Norwegian Institute of Public Health su un campione di sessantamila madri che avevano preso parte al MoBa (Norwegian Mother and Child Cohort Study), uno studio longitudinale che, a propria volta, si basava su un campione di centomila donne che avevano avuto figli nel periodo compreso fra il 1998 e il 2008.
La ricerca, coordinata dal dottor Ragnhild Bang Nes, ha analizzato il grado di soddisfazione espresso da queste donne verso la vita e verso il partner durante due fasi cruciali della loro esistenza: nel corso della gravidanza e nei primi tre anni di vita dei loro figli. Dai risultati è emerso che il periodo d’oro per le mamme si colloca a metà del primo anno di vita del bambino mentre il livello di soddisfazione decresce trascorso questo periodo. In particolare, è la soglia dei tre anni di vita che rappresenta il momento vissuto come più oscuro, soprattutto se la gravidanza è stata vissuta poco serenamente.
E’ questo quello che Bang Nes definisce il paradosso della vita dei genitori: desiderare e mettere al mondo un figlio certi che porterà amore e serenità e poi trovarsi a fare i conti con l’irruenza della sua età e sentirsi incredibilmente stanchi e frustrati.
La maggior parte degli adulti vogliono avere figli. I bambini sono visti come una benedizione, un arricchimento e una fonte centrale di significato, di amore e di appartenenza. Ci si aspetta quindi che avere un figlio soddisfi il desiderio di un bisogno fondamentale e che a sua volta crei felicità e soddisfazione. Tuttavia, gli studi dimostrano che questo non è sempre così. Questo è spesso chiamato il ‘paradosso della vita dei genitori’
Tranquilli, aggiungiamo noi. La bufera dei tre anni passerà.
[Fonte: La Stampa]
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