Vita e morte sono due facce della stessa medaglia. Molto spesso non abbiamo percezione di questa situazione, per fortuna. Molte volte si sente il soffio della morte sulla pelle solo quando si incontra un grande dolore, una grave perdita. All’Ospedale San Raffaele di Milano si sta cercando di compiere un vero e proprio miracolo: una madre incinta dichiarata clinicamente morta sta portando a compimento la sua gravidanza. Com’è possibile?
Questa è la storia di una donna, una milanese di 36 anni, con l’elettroencefalogramma piatto e quindi morta (a causa di un’emorragia cerebrale fulminante), che in questo momento si trova in mano a uno staff di rianimatori, ginecologi e neonatologi. Come mai? E’ diventata una culla umana. Il tentativo è di fare maturare il feto che, a 23 settimane, non poteva ancora sopravvivere fuori dal grembo materno. Ogni settimana conquistata è una settimana di vita: il suo piccolo ora pesa 500 grammi. Consideriamo che a 24 settimane inizia a formarsi la corteccia cerebrale ed è possibile sperare nella sopravvivenza.
La mamma ha una sonda nell’intestino che permette al feto di essere alimentato, la ventilazione artificiale fa arrivare l’ossigeno nel sangue della donna e, quindi, del feto. Il cuore continua a battere. E, finché c’è quel battito, il bambino viene tenuto in vita. È un evento che ha davvero pochissimi precedenti e sa del miracoloso. Ovviamente, tutto questo è merito dei medici, ma anche della famiglia che sta lottando per il figlio in attesa e per quella figlia invece che all’improvviso si è spenta, senza un motivo, senza avvisare.
L’obiettivo è cercare di arrivare almeno a 28 settimane. È quella la soglia di non ritorno, l’età gestazionale che può rappresentare per il feto la salvezza. Ancora un mese per questo piccolino, che dimostrarsi desideroso di venire al mondo, almeno per la sua mamma e per la famiglia che non vede l’ora di conoscerlo.
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