Leggere ad alta voce è un investimento per il bambino, forse più di mettere sul suo conto in banca un bel gruzzolo di denaro.
Non sono solo studi scientifici a sostenerlo, ma anche l’esperienza di associazioni che su questa questione si impegnano da anni.
Il progetto no-profit Nati per leggere, per esempio, non è nuovo, è stato lanciato da più di dodici anni da psicologi, pediatri e bibliotecari per promuovere la lettura ad alta voce ai bambini sin dai primi 6 mesi di vita.
Oggi si può dire che leggere ad alta voce ad un bambino significa innanzitutto abituarlo a distinguere tra le parole, riconoscere la loro musicalità e perchè no, innamorarsi di essa.
Questa semplice attività comporta un’automatica attività neuronale, tale che nel normale processo di sviluppo cerebrale del bambino i neuroni hanno molte più probabilità di sopravvivere e di costituire un cervello plastico. In poche, e forse approssimative, parole, sarà candidato ad essere più intelligente.
Ecco perché anche i pediatri sono impegnati a diffondere, specie tra le neomamme, queste informazioni: sembra che avere una più forte propensione a leggere, e quindi a comprendere, e a scrivere (propensione che in gergo può essere chiamata literacy) si traduce in una maggiore capacità di discernere tra alternative più o meno opportune nel corso della vita, e in particolare: scelte alimentari, lavorative, sociali e familiari.
In parole povere? Avere maggiori canali di accesso alla conoscenza significa sapere affrontare la vita in maniera migliore, sia in termini di salute che di serenità.
E pertanto, per promuovere questo pensiero, forse sintetizzabile con la frase “più leggi, più capisci e meglio scegli” anche nelle biblioteche si cominciano a creare servizi per facilitare l’accesso a mamme e bambini.
Verona è uno dei pochissimi centri ad offrire oggi in Italia tali servizi. Ci auguriamo che i gestori delle biblioteche agiscano in futuro per colmare le mancanze negli altri comuni.
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