Sul tema dell’asilo nido ci sono diverse scuole di pensiero: c’è chi sostiene sia una tappa formativa fondamentale e chi invece preferisce coccolare i bambini, avendone le possibilità, a casa, magari con l’aiuto dei nonni. Uno studio di Andrea Ichino sui bimbi tra gli 0 e i 2 anni ha dimostrato che le bambine, provenienti da famiglie non svantaggiate, stando a casa interagiscono di più con le persone adulte e sono maggiormente stimolate.
L’asilo nido può essere un freno, può rendere meno brillante l’intelligenza dei bambini, soprattutto le femminucce. Un mese di nido aggiuntivo (20 giorni frequentati) tra zero e 2 anni, infatti, riduce il QI (quoziente intellettivo) dello 0,5% all’età di 8-14 anni. Non ha, invece, impatto significativo«per le famiglie dal background economico più svantaggiato.
Come mai? La relazione 1 a 1 con gli adulti è particolarmente rilevante per lo sviluppo cognitivo dei primi anni di vita. Il rapporto adulto-bambino nei nidi oggetto dello studio (è infatti di 1 a 4 all’età di zero anni e di 1 a 6 all’età di 2 anni. I bambini che non frequentano di solito hanno nonni, genitori o baby sitter che si occupano esclusivamente di loro. Ichino ha poi commentato:
«Grazie al Nobel Jim Heckman sappiamo che i primi tre anni di vita sono fondamentali per il futuro delle capacità cognitive e comportamentali. Ma sono pochi gli studi sull’effetto dell’asilo nido a quell’età, ossia dell’esperienza extra-familiare più importante nei primi tre anni di vita, mentre gli effetti della scuola materna (3-6 anni) sono ampiamente studiati. Non ci attendevamo che l’asilo potesse essere un freno, anzi. Volevamo esplorare gli effetti del nido in modo quasi sperimentale, solo perché su questo c’è poca letteratura. Gli altri studi sono focalizzati sugli effetti per bambini e bambine relativamente svantaggiati».
Questo non deve far crescere il senso di colpa nelle mamme lavoratrici e in quelle che non hanno un’alternativa, ognuno di noi fa quello che può.
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