Sappiamo tutte molto bene che la carenza di ossigeno o la mancanza di afflusso di sangue al cervello, al momento del parto, possono generare sofferenza cerebrale nel neonato con gravi ricadute sulla sua salute. Nei casi meno gravi il danno può essere arginato con la rianimazione ma cosa possono fare i medici quando le condizioni del piccolo si rivelano più serie?
Una nuova speranza arriva “dal freddo” e gli esperti la chiamano ipotermia terapeutica o cooling. Il trattamento, già introdotto in diversi ospedali dell’Italia del nord e adesso praticato anche all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, consiste infatti nel porre il neonato su un materassino refrigerante collegato a una macchina che mantiene la temperatura costantemente sui 33°C circa. Tutto per circa 72 ore, durante le quali i parametri vitali e l’attività cerebrale del piccolo vengono costantemente monitorati.
Lo scopo è quello di rallentare il metabolismo cerebrale, e quindi la produzione di radicali liberi, arginando la morte neuronale e, di conseguenza, il danno cerebrale. Il cooling si è rivelato efficace (i bambini cioè sopravvivono senza riportare danni cerebrali permanenti) in una percentuale di casi compresa fra il 28 e il 44 per cento ma il piccolo deve esservi sottoposto entro le prime sei ore di vita.
L’ipotermia terapeutica è l’unico trattamento in grado di prevenire o limitare il danno cerebrale nei neonati a termine che vanno incontro a quella che viene definita encefalopatia ipossico ischemica
spiega la dottoressa Maria Roberta Cilio, neurologa dell’Ospedale Bambino Gesù, che precisa:
Durante il raffreddamento controllato il neonato è sedato per evitargli i disagi conseguenti alla riduzione della sua temperatura interna
e aggiunge:
Per ora il cooling si è rivelato utile nei bimbi nati a termine e sono in corso studi che mirano a individuare una strategia per prolungare la finestra d’intervento oltre le sei ore.
Noi speriamo che il cooling sia presto presto disponibile per tutti i bimbi.
[Fonte: Corriere della sera]
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