Nell’immaginario comune siamo abituati a pensare al cuore, insieme al cervello, come un organo tra i più fondamentali e forse “soggettivi”, nel senso di propri e peculiari dell’organismo che lo possiede.
Per questo molto spesso sorgono curiosi interrogativi dinanzi alle notizie di trapianto di cuore (che siano eseguiti con l’organo di un altro individuo o con l’ausilio di cellule staminali): ma non cambierà qualcosa dopo l’operazione nel modo di essere di chi l’ha subita? Non influirà in qualche modo sulla capacità di reagire alle ansie, agli stress? Non inciderà addirittura sulle emozioni di una persona?
Queste domande, forse stravaganti, spesso dovute a scarsa preparazione in materia medica, ma pur sempre lecite, non sorgerebbero però nel caso in cui, chi presenti lesioni o problemi cardiaci in generale, avesse la capacità di far ricrescere direttamente il suo stesso cuore.
È stata proprio questa la scoperta dei ricercatori del Southwestern Medical Center (Usa), che hanno infatti appurato che il cuore dei mammiferi neonati è in grado di “curarsi”, rigenerandosi completamente.
Attraverso esperimenti sui topi, i ricercatori si sono resi conto che se una parte del cuore veniva asportata durante la prima settimana di nascita, l’organo riusciva a ricrescere come se nulla fosse successo.
Il cuore dei mammiferi neonati dunque è in grado di ripararsi da solo e se non lo fa più quando l’individuo diventa adulto ciò è semplicemente perché si è “scordato” come possa essere fatto.
Questi sono risultati molto importanti, specie se paragonati a quelli che attestano la capacità di altri animali (come anfibi e pesci) di rigenerare la coda e altre parti del corpo.
Lavorando quindi sulla capacità dei nuclei delle cellule di programmare e riprogrammare il Dna in vista della riparazione dei tessuti, si potranno certamente fare grandi progressi in materia di patologie cardiovascolari, sia per i neonati che per gli adulti.
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