L’Italia è un Paese vecchio fatto di vecchi. Non è una critica assolutista, né un modo di dire, ma una spiacevole realtà. Lo dimostrano i dati allarmanti dell’Istat. Nel 2015 sono nati 488mila bambini, 8 per mille residenti, quindicimila in meno rispetto al 2014, toccando il minimo storico dalle nascite dello Stato Italiano. Il numero dei figli medi per donna, è di 1,35 al 2015 che si conferma il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità. L’età media delle donne al momento del parto è salita a 31,6 anni.
Coppie che aspettano troppo per diventare genitori, sempre meno figli e di conseguenza un crollo della fecondità, ovviamente legato non solo a problemi fisici ma all’età avanzata. Mentre nascono sempre meno bambini aumenta il numero delle morti. Nel 2015 si è toccato il picco più alto di decessi dal secondo dopoguerra: i morti, secondo gli indicatori dell’Istat, sono stati 653 mila, 54 mila in più dell’anno precedente (+9,1%). L’aumento di mortalità risulta concentrato nelle classi di età molto anziane (75-95 anni).
Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. Dal punto di vista demografico, il picco di mortalità del 2015 è in parte dovuto a effetti strutturali connessi all’invecchiamento e in parte al posticipo delle morti non avvenute nel biennio 2013-2014, più favorevole per la sopravvivenza. Diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85).
Questi dati non devono preoccuparci, perché se è vero che si è morti in tanti, è anche vero che si muore sempre più vecchi. Quello che preoccupa è il crollo delle nascite: una Paese che non fa figli è un Paese che non crede nel futuro, che non investe e che non ha soldi per mantenere i suoi eredi.
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