La cellulite, si sa, è femmina. Sono numerose, infatti, le donne colpite da questo fastidioso inestetismo della pelle la cui causa può risiedere in una predisposizione genetica, in una vita sedentaria o in un’alimentazione scorretta. In gravidanza, poi, la cellulite subisce un peggioramento o tende addirittura a fare la sua prima comparsa nei casi (fortunati!) in cui non era presente prima della gestazione. Questo perchè gli ormoni ballerini, tipici della gravidanza, rendono le pareti delle vene meno flessibili favorendo il ristagno dei liquidi. Il crescente peso del pancione, inoltre, può ostacolare e rallentare la circolazione, favorendo gonfiore e pesantezza alle gambe. Negli ultimi mesi di gravidanza, infine, la donna tende a fare una vita piuttosto sedentaria e questo favorisce il formarsi della cellulite. Non bisogna, però, darsi per vinte! Esistono dei piccoli accorgimenti da mettere in pratica per ridurre il fastidio della cellulite anche durante la gravidanza.
Salute della donna
Metodi anticoncezionali, il diaframma vaginale
Il diaframma vaginale è un metodo contraccettivo detto di barriera per la sua capacità di impedire praticamente il contatto tra l’ovulo femminile e gli spermatozoi maschili. Negli ultimi venti anni il diaframma è stato abbandonato a vantaggio di altri metodi anticoncezionali più innovati e a causa di una polemica circa una sostanza, il nonoxinolo, contenuta nelle creme spermicide usate in associazione al diaframma. Attualmente, però, il diaframma sta tornando in voga grazie all’impiego di nuovi spermicidi che non utilizzano più il nonoxinolo ma l’acido lattico.
Che cos’è il diaframma vaginale?
Il diaframma vaginale è costituito da una cupola in lattice chirurgico molto morbido, dotata di un bordo più spesso in cui è montato un anello flessibile di metallo. Il diaframma deve essere inserito in vagina prima di ogni rapporto completo e non deve essere tolto prima che sia trascorse 6 ore dal rapporto. Il diaframma agisce andando a coprire il collo dell’utero in modo da impedire agli spermatozoi maschili di passare e di entrare in contatto con l’ovulo femminile. L’efficacia del diaframma è di circa l’80% ma può arrivare al 95% se si abbina una crema spermicida. Quest’ultima può essere spalmata sul bordo interno della coppa oppure introdotta in vagina prima dell’inserimento del diaframma.
Le donne con i capezzoli rientranti possono allattare?
Il capezzolo rientrato (capezzolo introflesso) è una caratteristica che accomuna il 7-9% delle donne; può interessare uno solo o entrambi i seni ed è causato dalla brevità dei dotti galattofori (i canali che portano il latte al capezzolo), cui si associa la presenza di tessuti fibrosi. Si tratta di un fenomeno del tutto innocuo che non pone alcun problema di salute ma che può rappresentare una difficoltà per le neo-mamme che decidono di allattare.
Tuttavia per le donne che hanno i capezzoli in dentro nutrire il proprio bimbo al seno non è impossibile e vi spieghiamo perchè: anzitutto nella gran parte dei casi il capezzolo riesce a sporgere all’esterno spontaneamente, soprattutto nei giorni immediatamente successivi al parto, in secondo luogo esistono alcuni dispositivi esterni che, applicati sul capezzolo, ne agevolano la fuoriuscita.
La laparoscopia
Cos’è la laparoscopia
La laparoscopia è una tecnica chirurgico-diagnostica che permette al medico di osservare la cavità addominale e pelvica attraverso uno strumento, il laparoscopio, collegato a una telecamera. Analogamente a quanto abbiamo visto a proposito dell’isteroscopia, anche la laparoscopia può essere usata sia a scopi diagnostici (laparoscopia diagnostica) che terapeutici (laparoscopia operativa) e rappresenta in questo caso una tecnica chirurgica meno invasiva rispetto alla tradizionale chirurgia addominale.
La laparoscopia diagnostica, indicazioni
Si parla di laparoscopia diagnostica quando il medico esegue semplicemente un’osservazione della cavità addominale allo scopo di eseguire appunto una diagnosi o verificare lo stato di una patologia in atto. Questa tecnica è indicata in caso di infertilità e dolori pelvici cronici che possono essere entrambi sintomi di endometriosi.
La laparoscopia operativa
Si parla di laparoscopia operativa quando viene eseguito un vero e proprio intervento chirurgico; questa tecnica è indicata in caso di gravidanza extra-uterina, per la rimozione di fibromi e cisti ovariche, per il trattamento delle lesioni endometriosiche.
L’isteroscopia operativa, cos’è, quando è indicata
Cos’è l’isteroscopia
L’isteroscopia è una tecnica endoscopica che permette di vedere dentro la cavità uterina attraverso l’introduzione nella vagina di uno strumento, l’isteroscopio; ovvero una cannula rigida, di pochi centimetri di diametro, dotata di fibre ottiche. Come abbiamo già visto si tratta di una tecnica che viene usata sia a scopo diagnostico (isteroscopia diagnostica) che terapeutico (isteroscopia operativa). Dell’isteroscopia diagnostica abbiamo già parlato, oggi quindi vedremo di saperne di più dell’isteroscopia operativa.
In quali casi si esegue l’isteroscopia operativa
L’isteroscopia operativa è indicata, in alternativa ad altre tecniche come la laparoscopia, in caso di aderenze e malformazioni uterine, polipi endometriali, fibromi uterini sottomucosi, rimozione di corpi estranei in vagina (ad esempio una spirale anticoncezionale che si è spostata dalla sua sede).
L’isteroscopia diagnostica, cos’è, quando va fatta
Cos’è l’isteroscopia diagnostica?
L’isteroscopia è uno strumento diagnostico endoscopico che permette al medico di osservare il canale cervicale e la cavità uterina.
Come si esegue l’isteroscopia?
L’isteroscopia si esegue inserendo in vagina una cannula di pochi centimetri di diametro, l’isteroscopio, dotato di un sistema di fibre ottiche. Una volta introdotto l’isteroscopio in vagina, questa viene dilatata attraverso un mezzo gassoso o liquido per permetterne la visione. L’esame viene effettuato nella maggior parte dei casi in ambulatorio e in assenza di anestesia.
La sindrome premestruale
Aldilà di facili battute, molte donne vivono i giorni immediatamente precedenti al ciclo mestruale come estremamente angoscianti; si sentono fiacche, di cattivo umore, piene di dolori. E’ questa la sindrome premestruale, un disagio che è doveroso portare all’attenzione del ginecologo perchè ci aiuti a risolverlo felicemente e a riprenderci la nostra serenità.
Cos’è la sindrome premestruale
Quando “stanno per arrivare” noi donne lo sappiamo. Ad avvertirci è un insieme di sensazioni fisiche più o meno percettibili quali tensione mammaria, doloretti all’addome, mal di testa e gonfiori cui vanno spesso ad aggiungersi sbalzi d’umore, ipersensibilità, irritabilità. In alcune donne però questo quadro “sintomatologico” può risultare estremamente amplificato al punto da rappresentare un ostacolo per lo svolgimento delle normali attività quotidiane e costituire una vera e propria sindrome, la sindrome premestruale appunto.
Sindrome premestruale, i sintomi
Ogni donna manifesta il problema in maniera del tutto personale; tuttavia i sintomi riscontrati più di frequente sono rappresentati da: dolore addominale, tensione mammaria, aumento di peso, gonfiore agli arti inferiori, mal di testa, irritabilità, cambiamenti repentini di umore, crisi di pianto immotivate, aggressività, sensazione di affaticamento, difficoltà di concentrazione. Tutti i sintomi fanno la propria comparsa all’incirca una settimana prima delle mestruazioni e regrediscono in coincidenza con il loro inizio.
La dismenorrea
Moltissime di noi accusano durante il ciclo mestruale dei fortissimi dolori all’addome e alla schiena accompagnati da altri sintomi sgradevoli come nausea, vomito e persino diarrea e talvolta il disturbo può farsi così intenso da impedirci di vivere la nostra vita come in tutti gli altri giorni del mese. Si parla in questo caso di dismenorrea. Vediamo quindi di capirci di più:
Cos’è la dismenorrea
Con il termine dismenorrea si indicano le mestruazioni dolorose, disturbo del quale si stima siano affette in maniera particolarmente grave circa il 10% delle donne italiane dall’adolescenza fino ai trenta anni circa. Più precisamente, le mestruazioni cominciano a farsi dolorose all’incirca da sei a ventiquattro mesi dopo la comparsa del menarca (la prima mestruazione); il dolore può precedere di alcuni giorni la comparsa delle mestruazioni stesse per affievolirsi solo con il finire di queste e può essere accompagnato da flusso mestruale molto abbondante (menorraggia), nausea, vomito, diarrea e vertigini.
Ovaio micropolicistico e sindrome metabolica
La sindrome dell’ovaio micropolicistico (o sindrome dell’ovaio policistico) è la causa più comune di infertilità anovulatoria, ossia di infertilità dovuta a mancanza di ovulazione. Secondo alcune stime una percentuale compresa fra il 5 e il 10 per cento delle donne fra 18 e 44 anni ne è affetta, tuttavia molte di loro ne sono del tutto inconsapevoli fino a quando non giunge il momento in cui cercano, senza successo, di ottenere una gravidanza. A questa patologia subdola ci si riferisce anche con il termine di policistosi ovarica; essa è caratterizzata dalla formazione di numerose cisti (piccole sacche piene di fluido) in una o entrambe le ovaie formate da follicoli immaturi, ovvero da follicoli che non sono esplosi con l’ovulazione e si sono accumulati sulle ovaie stesse.
Come abbiamo già visto, tra i sintomi dell’ovaio policistico troviamo: infertilità, assenza di ovulazione, irregolarità mestruale, quali amenorrea e oligomenorrea, cicli dolorosi (dismenorrea), elevati livelli di ormoni androgeni non riferibili ad altre condizioni cliniche, irsutismo (peluria in eccesso sul viso e sul corpo), tendenza all’acne, mentre attualmente le cause che ne determinano l’insorgenza non sono note. Tuttavia, il fatto che in molti casi ci sia una familiarità fa pensare che il disturbo possa avere componenti genetiche. La gran parte dei sintomi invece sembra essere correlata all’aumento del livello di androgeni nell’organismo.
Radiografia dell’utero e delle tube, l’isterosalpingografia
Un importante esame che rientra spesso nell’iter diagnostico dell’infertilità di coppia, soprattutto quando sono stati già esclusi altri fattori come quelli ovulatorio e mascile, è l’isterosalpingografia.
Cosa è l’isterosalpingografia?
L’isterosalpingografia è un’esame radiologico dell’utero e delle tube in grado di valutarne la morfologia e le caratteristiche. Nello specifico, l’isterosalpingografia consente di verificare la pervietà, ossia l’apertura, la percorribilità, delle tube di Falloppio e l’eventuale presenza di anomalie o lesioni patologiche (fibromi, polipi endometriali, miomi) anche nella cavità uterina. Le immagini dell’utero e delle tube, ottenute tramite l’isterosalpingografia, consentono di individuare alcune delle cause di sterilità femminile e di aborti ripetuti. Spesso, infatti, l’infertilità deriva da difetti delle tube.
Esami ecografici: l’isterosonografia
La salute dell’apparato genitale femminile è fondamentale per preservare la fertilità di una donna. Per questo, sono numerose le metodologie impiegate dalla medicina per analizzare l’apparato genitale femminile, formulare eventuali diagnosi e individuare il corretto approccio terapeutico. Gli esami ecografici rappresentano, in tal senso, il principale strumento per il controllo dell’utero e dell’apparato riproduttivo in generale. Si va dalla semplice ecografia pelvica o transvaginale ad esami più complessi come l’isterosalpingografia, l’isterosonografia, l’isteroscopia e la laparoscopia.
Cosa è l’isterosonografia?
L’isterosonografia (o sonoisteroscopia) è un esame ecografico della cavità uterina che consente di individuare con una certa precisione la presenza di anomalie. Si differenzia dalla classica ecografia transvaginale grazie all’utilizzo di un mezzo di contrasto che viene iniettato nella cavità uterina.