Parto dolce nelle case maternità

case maternità in Italia

Le Case Maternità sono nate negli Stati Uniti negli anni Settanta, ma sono ancora poco diffuse in Italia. Si tratta di vere e proprie abitazioni gestite da ostetriche e dotate di tutti i comfort per l’accoglienza delle future mamme che proprio in questo tipo di struttura, alternativa a clinica e ospedale, decidono di mettere al mondo il proprio cucciolo.

In altre parole, è come partorire in casa con l’aiuto di un’ostetrica, proprio come si faceva una volta, ma con una marcia in più: i tempi e gli spazi sono infatti organizzati non solo in funzione del fisiologico andamento del parto perchè questo momento fondamentale possa essere vissuto dalla donna, e dalla coppia, con serenità e consapevolezza e senza alcun tipo di stress ma anche con la certezza di essere seguite per tutto l’arco della gravidanza da personale specializzato.

Travaglio e parto, raccomandazioni OMS

raccomandazioni oms parto

Nel 1985 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stilato un documento dal titolo Tecnologia appropriata per la nascita nel quale sono contenute una serie di fondamentali indicazioni cui dovrebbero fare riferimento tutti gli operatori sanitari che ogni giorno aiutano le mamme a mettere al mondo i propri piccoli.

Si tratta di un documento di fondamentale importanza del quale tutte le donne dovrebbero essere a conoscenza poichè  basato sul principio che ciascuna di noi ha diritto a un’adeguata assistenza prenatale e che di tale esperienza della nostra vita dobbiamo essere protagoniste attive e partecipi.

Vediamolo:

  • Per il benessere psicologico della donna deve essere assicurata la presenza di una persona, che può essere scelta da lei, e poter ricevere tutte le visite nel periodo post-natale;
  • Ad una donna che partorisce in una struttura deve essere garantito il rispetto dei suoi valori e della cultura;
  • Il travaglio può essere indotto solo in specifici casi, ossia riservati a determinate indicazioni mediche e non deve superare il tasso del 10% in nessuna regione geografica;
  • Non c’è nessuna prova che dopo un precedente cesareo sia richiesto un ulteriore cesareo per la gravidanza successiva. Parti vaginali, dopo cesareo, dovrebbero venire incoraggiati;
  • Non c’è nessuna indicazione per la rasatura del pube e per il clistere prima del parto;
  • La rottura artificiale delle membrane, fatta di routine, non ha nessuna giustificazione scientifica e, se richiesto, si raccomanda solo in uno stadio avanzato del travaglio;

Amnioressi, ovvero la rottura manuale del sacco amniotico

amnioressi

Appena ieri vi abbiamo parlato di progressiva medicalizzazione dell’evento parto; sono molti infatti gli interventi medici eseguiti quasi di routine che non sempre invece si rendono necessari. Fra questi l’amnioressi, ovvero la rottura artificiale del sacco amniotico.

La rottura manuale del sacco amniotico (amnioressi o amniotomia) viene praticata dal ginecologo o dall’ostetrica non appena la partoriente ha raggiunto i 7/8 centimetri di dilatazione qualora la rottura delle membrane non sia già avvenuta spontaneamente; spessò però viene eseguita già a 4 cm di dilatazione per accelerare i tempi del travaglio (anche se non sempre questo accade) anche se in realtà vi si dovrebbe ricorrere solo per verificare il colore del liquido amniotico e valutare l’eventuale presenza di sofferenza fetale che richiede l’accelerazione dei tempi della nascita del piccolo.

L’amnioressi viene eseguita con un piccolo strumento simile ad un uncino chiamato amniotomo ed è del tutto indolore essendo la membrana totalmente priva di terminazioni nervose. Tuttavia, una volta che si sono rotte le acque le contrazioni diventano più dolorose; questo avviene perchè la testolina del piccolo, in assenza del cuscinetto d’acqua, preme direttamente sulle terminazioni nervose del collo dell’utero della mamma con il conseguente afflusso di ossitocina e l’intensificazione delle contrazioni stesse.

Parto, è sempre più medicalizzato

parto naturale

Forse non ce ne siamo neppure accorte, ma il parto è diventato via via sempre più medicalizzato e questo non solo perchè la maggior parte delle donne sceglie di partorire in clinica o in ospedale piuttosto che a casa come avveniva un tempo. Oggi infatti la routine del parto presso qualunque struttura sanitaria prevede interventi che non sempre sono assolutamente indispensabili ai quali, come una sorta di reazione a catena, ne seguono altri altrettanto superflui.

Sono infatti davvero poche le mamme che “vantano” di aver fatto nascere il proprio bambino con un parto naturale nel vero senso del termine. Chi di noi non conosce l’induzione al parto, la rottura manuale delle acque (amnioressi), l’episiotomia, la manovra di Kristeller? A uno di questi interventi, o addirittura a tutti, si ricorre con certezza matematica praticamente ad ogni parto; personalmente ad esempio, in occasione della nascita di mio figlio, io sono stata sottoposta nell’ordine a rottura manuale del sacco amniotico, manovra di Kristeller ed episiotomia.

Oppio durante il parto: la risposta della Società Italiana di Anestesia

oppio-parto-epiduraleQualche giorno fa vi ho riportato una interessante notizia pubblicata dal Corriere della Sera riguardo l’uso di un oppiaceo in sala parto da usare in sostituzione dell’epidurale nelle donne con problemi di coagulazione. Sembra che nella comunità scientifica ci sia stato un grosso fermento attorno a questa notizia e che la Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva abbia ritenuto opportuno scrivere un comunicato per chiarire la sua posizione in merito a questo tema. Ovviamente mi sembra doveroso riportare la risosta nella sua interezza vista la delicatezza del tema ed anche la sua rilevanza per tutte le mamme che hanno magari intravisto nella notizia una possibilità nuova rispetto all’analgesia nel parto.

L’oppio in sala parto per chi non può fare l’epidurale

oppio-parto-epiduraleQuante volte abbiamo parlato di anestesia epidurale, di chi è favorevole e chi invece è contraria? Ma ci sono anche molte donne che pur volendo usufruire della possibilità di un parto senza dolore non possono a causa dei loro problemi di coagulazione. Forse per queste donne è arrivata la soluzione al loro problema, all’ospedale di Careggi infatti è in corso la sperimentazione del remifentanil, un anestetico a base di oppio che si riceve per endovenosa attraverso dosaggi personalizzati che permetteno di poter veder nascere il proprio figlio senza paura di complicanze. Ciò perché questo farmaco ha una emivita breve, cioè viene smaltito velocemente e  riesce a non creare problemi di coagulazione.

Come cambia la sessualità dopo il parto

sessualità dopo il parto

Dopo il parto è inevitabile che il rapporto con il sesso sia diverso da prima: nonostante il desiderio della coppia sia quello di riprendere presto l’attività sessuale, pare che questo non sia possibile a causa dei disturbi derivanti dalla gravidanza, che, secondo uno studio coinvolgerebbero una donna su due.

Nei primi mesi dopo il parto può succedere che la donna si accorga di aver perso il desiderio sessuale a causa della variazioni degli ormoni, che dopo la gravidanza sono coinvolti nel processo dell’allattamento. Il ritorno alla normalità avviene nel giro di sei o sette mesi dopo il parto, quindi è necessario rendersi conto fin da subito, che nei primi mesi è normale avvertire un minor desiderio sessuale.

Un nuovo studio sulla rottura prematura delle acque e complicanze future

rottura prematura delle acque

Secondo i risultati di uno studio condotto dagli scienziati del Kaiser Permanente Southern California Medical Group di Pasadena circa il 5% delle gravidanze si conclude con una rottura delle acque prematura e  se le donne restano di nuovo incinte prima che siano trascorsi perlomeno 18 mesi si espongono ad ulteriori complicanze.

Non solo. Secondo dr. Darios Getahun che ha coordinato lo studio la rottura anticipata delle acque non solo potrebbe causare parto prematuro ma potrebbe anche esporre sia la madre che il piccolo al pericolo di infezioni. Quindi, sebbene ancora ad oggi non sia del tutto chiaro il motivo per cui le acque si rompano prima del previsto sembra invece essere chiaro che incorrere in una gravidanza pochi mesi dopo l’accaduto possa essere pericoloso.

Il falso travaglio, come riconoscerlo

falso travaglio

Complice l’avvicinarsi della data presunta del parto è piuttosto comune che la futura mamma scambi per vere e proprie contrazioni le cosiddette contrazioni preparatorie o contrazioni di Braxton Hicks, che, come abbiamo visto, rappresentano un fenomeno del tutto fisiologico nelle fasi finali della gestazione. In questi casi accade che ci si rechi in ospedale armati di valigia, opportunamente preparata in anticipo, per poi sentirsi dire che si è trattato “solamente” di un falso travaglio.

Per non incorrere in questo equivoco è opportuno imparare a riconoscere i segni di falso travaglio e a distinguerli, in tal modo, dall’inizio del travaglio di parto vero e proprio:

Il falso travaglio, i segnali

A differenza di quanto accade durante il travaglio, le contrazioni nel falso travaglio sono irregolari e imprevedibili;

La intensità e frequenza delle contrazioni non aumentano con il passare delle ore;

Le contrazioni di Braxton Hicks

contrazioni di braxton hicks

Le contrazioni di Braxton Hicks devono il proprio nome al medico che le identificò per primo, nel lontano 1872: John Braxton Hicks. Esse rappresentano un fenomeno del tutto fisiologico man mano che si avvicina la data del parto e fanno la propria comparsa durante il terzo trimestre di gravidanza; proprio per questo motivo vengono spesso confuse dalla gestante con le contrazioni del travaglio vero e proprio. In realtà però si tratta di contrazioni preparatorie che possono fare la propria comparsa in corrispondenza dell’accrescimento fetale o di un suo movimento, ma possono insorgere anche in seguito a uno sforzo fatto dalla futura mamma.

Questo tipo di contrazioni consiste in indurimenti del ventre non necessariamente dolorosi, al punto che non sempre vengono avvertite; il loro grado di dolorosità dipende infatti da una serie di fattori tra i quali la costituzione della donna e la sua capacità di sopportare il dolore. Ciò che le differenzia dalle contrazioni vere e proprie è inoltre la loro irregolarità: mentre le contrazioni di Braxton Hicks possono presentarsi per giorni e giorni, mantenendo sempre la medesima intensità, per poi dileguarsi per giorni interi, le contrazioni del parto consistono in movimenti regolari dell’utero ed hanno intensità crescente la quale, dopo aver raggiunto il picco, diminuisce fino a sparire completamente.

Le contrazioni: come e perché

monitoraggio-fetaleOggi voglio parlarti delle contrazioni, la manifestazione più concreta del fatto che stai per raggiungere il momento del parto. Molte donne non riescono durante la gravidanza a capire veramente come si presentino le contrazioni, infatti alcune lamentano degli indurimenti momentanei della pancia, altre non capiscono se è il loro utero che si contrae oppure se i disagi che sentono sono dovuti ai movimenti troppo bruschi del bambino. In realtà non esiste una regola vera e propria per capire se si tratta di contrazioni ma vediamo di cercare di capire meglio di cosa parliamo, innanzi tutto dobbiamo distinguere tra le contrazioni da travaglio e le cosiddette contrazioni di Braxton Hicks, quest’ultime iniziano di solito nell’ultimo trimestre di gravidanza, appunto si verificano con degli indurimenti della pancia, e servono per prepare l’utero al lavoro del parto, non sono dolorose ne regolari.

Il parto in casa: cosa c’è da sapere

decidere di partorire in casaIn Italia non è molto diffuso ma spostandoci in Olanda la percentuale di mamme che decidono di partorire in casa è piuttosto elevata (circa una donna su tre mentre in Italia, secondo i dati dell’Associazione differenza maternità siamo intorno allo 0,4%). Ma intorno agli ’50 da noi era prassi piuttosto comune partorire in casa con l’ausilio di una levatrice.

Come contenuto all’interno dell’ultimo numero di Viversani & Belli però il parto in casa sebbene sia un’esperienza più naturale del parto in ospedale non è indicata per tutte le donne. Possono ricorrere al parto in casa le donne che hanno valori normali di pressione, che non hanno malattie come ad esempio il diabete gravidico e che non soffrono di anemia. Molto importante anche la posizione del bambino (deve trovarsi in posizione cefalica) e che la sua crescita nei nove mesi di gestazione sia stata regolare.

Parto naturale: il melograno favorisce le contrazioni uterine

parto-naturale-induzioneSe qualcuno ti dicesse che esiste una sostanza naturale che stimola il parto senza ricorrere alle varie tecniche di induzione del travaglio saresti contenta? Io credo proprio di si. Allora ecco questa nuova ricerca che promette sfruttare le proprietà di un frutto per favorire le contrazioni uterine, infatti l’estratto di melograno, oltre ad essere un noto antiossidante e antinfiammatorio, sembra che aiuti l’utero a contrarsi, lo sostiene uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’University of Liverpool, nel Regno Unito, e pubblicato su Reproductive Sciences. La sostanza proveniente dal melograno si chiama beta-sitosterolo ed è uno steroide che si trova soprattutto nei semi del frutto e che come già detto si propone di diventare una sorta di ossitocina naturale.

Il periodo prodromico

periodo prodromico

Periodo prodromico è chiamato quel lasso di tempo che precede il travaglio vero e proprio e che è caratterizzato dalla comparsa di contrazioni di durata e intensità irregolare, cioè che possono durare da pochi secondi a un minuto circa ogni venti minuti. La durata del periodo prodromico è variabile da donna a donna: può durare due giorni come poche ore. In questo periodo il dolore può avere un’intensità minore, e le contrazioni vengono avvertite come una specie di indurimento dell’utero, fino ad arrivare alla sensazione di dolore vera e propria, anticamera della fase successiva, ovvero il periodo dilatativo.

Nel periodo prodromico possono verificarsi delle perdite di sangue, manifestazione dei cambiamenti del collo dell’utero; infatti in questo periodo il collo dell’utero si porta in asse con la vagina per esser pronto a dilatarsi nella fase successiva. In alcune donne può verificarsi anche la rottura del sacco amniotico, ma a volte la perdita è talmente piccola da essere scambiata per una perdita d’urina; per distinguere questo momento dalla vera rottura delle acque  può essere utile osservare se vi è sgocciolamento continuo, tipico della vera rottura del sacco amniotico, oppure no.