Stavolta care mamme, ho bisogno di voi, per formularmi un’opinione. La notizia che più mi ha colpito questa settimana è quella della Barbie calva. Ne avete sentito parlare? Un gruppo di consumatori americani sta cercando di convincere la Mattel, l’azienda che produce la bambola, affinché confezioni un modello di Barbie senza capelli, per le bambine malate di tumore.
Sarà più che una Barbie, ma il simbolo di una malattia e soprattutto dell’iter medico che comporta. Dovrebbe servire a far sentire le bambine malate, che hanno perso i capelli per le cure oncologiche, uguali alle altre e rafforzare la loro voglia di vivere. In qualche modo, Barbie rappresenta da più di 50 anni un simbolo di bellezza (ha un fisico esageratamente avvenente) e mostrarla senza chioma, secondo questo gruppo di americani, dovrebbe sottolineare anche un altro tipo di bellezza, meno effimera.
L’idea è stata diffusa anche su Facebook (11 mila mi piace) e i sostenitori di quest’iniziativa hanno superato i 50 mila fan. Ma c’è di più. I promotori della Barbie calva pensano anche a tutte quelle bimbe che hanno in casa una mamma o una nonna malata. Spiegare loro la malattia è forse ancor più doloroso che affrontarla. Forse questo giocattolo potrebbe veicolare il messaggio in modo positivo, anche perché nel 2012 si può anche guarire dal tumore.
Per adesso la Mattel non ha preso posizioni, liquidando la richiesta con una frase di circostanza “l’azienda non accetta idee da fonti esterne”. Devo dirvi la verità non so davvero che posizione prendere in questa polemica: mi sento divisa. Da un lato credo che il gioco sia un momento di svago e che i bambini abbiano bisogno di vivere in modo leggero. C’è tempo per affrontare i dolori della vita. E poi, con questa politica del gioco educativo, ben presto saremo piene di bambole esempio: c’è già quella con la sindrome di Down, tra un po’ la bambola calva, e poi?
Dall’altro però penso che la discriminazione viaggi su tanti canali diversi e che spesso, per protezione e per paura, i genitori non siano in grado di avvicinare i bambini ai grandi temi nel modo più giusto: la malattia è tabù, la morte non ne parliamo. Sono, purtroppo, momenti e fasi della vita, di cui bisogna smettere di avere paura. E primi a farlo siamo noi adulti. In più, c’è questa cattiveria, tipica dell’infanzia (ma non solo), di isolare le persone che non corrispondono a un certo tipo di normalità. Ecco, forse è il caso che qualcosa cambi e se una bambola calva può veicolare un messaggio simile, allora non dovrebbe essere solo per le bimbe malate o con parenti malati, ma per tutti i ragazzini.
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