Differenze sociali e fisiche. È questo il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology americano che ha cercato di individuare le differenze tra i bambini nati ricchi e quelli nati poveri. Diciamoci la verità, è davvero un paragone poco gradevole e soprattutto ingiusto. Il risultato, tra l’altro, è (apparentemente) scandaloso.
Dopo aver analizzato 58 scolari tra 12 e 13 anni con risonanza magnetica e test di apprendimento, i ricercatori hanno sostenuto che i bambini cresciuti in condizioni economicamente migliori hanno un cervello più grande. Sembra essere più spessa la corteccia dei lobi temporali e occipitali: aree associate alla percezione visiva e all’accumulo di informazioni. Differenze che, calcolano gli autori, potrebbero spiegare il 44% circa delle diverse performance mostrate durante le prove di rendimento scolastico, in cui i ricchi riescono mediamente meglio. John Gabrieli, professore di scienze cognitive e del cervello al Mit, ha commentato:
Esattamente come ci si può aspettare il fatto di non poter contare su un ambiente vantaggioso ha un costo reale. Il prezzo lo possiamo vedere non solo dai punteggi ottenuti nei test o dai livelli di istruzione raggiunti, ma anche all’interno del cervello dei bambini. Lo considero un invito all’azione, a fare in modo di aumentare le opportunità anche per quei bambini che non possono contare su un ambiente favorevole.
Ecco quindi che quello che è uno studio trattato dalla stampa in modo pessimo, con slogan snob e classisti, in realtà ha un altro obiettivo. Bisogna aiutare i bambini, bisogna sostenerli, soprattutto quelli che hanno meno possibilità e provengono da famiglie meno abbienti. I governi devono investire nella loro istruzione e nelle strutture scolastiche al fine da colmare il gap, a questo punto anche anatomico. In passato da numerose ricerche si è evinto che i bambini più benestanti vanno anche meglio a scuola e centrano traguardi accademici superiori. Non perché sono più intelligenti.
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