Sono dei bambini molti speciali, hanno capacità superiori ai loro compagni, spesso però non vengono capiti e di conseguenza non vengono aiutati. Sono i bambini plusdotati (o gifted) e rappresentano una grande fetta della popolazione studentesca italiana (8-10%). Per loro è nata una rete internazionale che, chiamata Ulisse e presentata in questi giorni all’Università Bocconi di Milano, ha come obiettivo la sensibilizzazione sulle tematiche del talento e della plusdotazione.
Questo argomento non deve interessare solo i genitori, ma anche i medici, gli insegnanti, gli educatori e tutti coloro che in qualche modo fanno parte della vita dei bambini. A questa rete hanno preso parte sei partner internazionali, tra cui l’Università olandese di Nijmegen, l’Università spagnola di Laguna e l’Aistap (Associazione italiana per lo sviluppo del talento e della plusdotazione).
Anna Maria Roncoroni, presidente dell’Aistap, ha parlato di questi bambini superdotati:
Manifestano difficoltà scolastiche, emotive e relazionali. Con il rischio paradossale che, nonostante le loro qualità, alcuni finiscano persino con l’abbandonare la scuola. Nel nostro Paese, al di là di qualche sporadica esperienza, mancano competenze specifiche.
Ecco perché l’associazione ha organizzato anche un corso di formazione biennale che partirà, proprio a Milano, entro la fine del 2011. Le nostre scuole in futuro saranno dotate sicuramente di figure professionali più competenti anche in questo settore. I bimbi plusdotati sono bambini spesso non riconosciuti, si comprende che c’è una diversità. Ma difficilmente viene trattata in modo corretto. In alcuni casi si arriva alla dispersione scolastica, soprattutto se alle spalle dei piccoli non ci sono famiglie solide, ma con dei disagi di carattere economico e sociale. I bambini plusdotati sono più intelligenti della media, hanno solo un approccio diverso alla vita. Il più delle volte sono gli stessi insegnanti a non capire questa particolare sensibilità, che può sfociare in irritabilità e ansia, stati che possono essere confusi con la sindrome da iperattività.
[Fonte: Corriere]
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