Il consiglio dei pediatri è quello di dare da mangiare ai nostri figli ciò che mangiamo noi. È vero però che c’è una fase dello svezzamento in cui è bene fare particolare attenzione ed è preferibile non considerare il bambino un piccolo adulto. Ecco quindi che tutti i genitori si avvicinano al tanto discusso baby food. È sicuro? La risposta è sì, almeno al 90%.
È questo quanto risulta da uno studio dell’Agenzia nazionale francese per la Sicurezza Sanitaria di Alimenti, Ambiente e Lavoro (Anses) che ha pubblicato la prima fotografia delle esposizioni alimentari per un ampio numero di cibi formulati per le esigenze di bambini da uno a tre anni. Lo studio (EATI) copre infatti oltre il 95% della dieta dei più piccoli e ha analizzato quasi 5.500 campioni di prodotti comunemente utilizzati in Francia, ovvero in genere gli stessi utilizzati anche in Italia.
Lo studio, durato ben 6 anni, ha passato al setaccio ben 670 sostanze come residui di pesticidi, contaminanti ambientali, tossine minerali naturali e additivi. I risultati confermano il buon livello di controllo dei rischi per la salute associati alla potenziale presenza di contaminanti chimici negli alimenti per i più piccoli. In effetti, certifica che nel 90% delle sostanze valutate, il rischio può essere escluso. Tuttavia, per 9 sostanze (tra cui arsenico inorganico, piombo, nichel, acrilamide) la situazione richiede una particolare vigilanza. Marco Silano Direttore del Reparto di Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha commentato:
“Il Baby food è più indicato per i piccoli perché ha limiti più restrittivi per additivi e contaminanti rispetto a quelli utilizzati per il resto dei cibi, anche biologici, destinati alle persone adulte. Non bisogna dimenticare infatti che gli additivi presenti in una mela, ad esempio, hanno effetti diversi su una persona che pesa 60 chili e su una che ne pesa 10”.
Per limitare l’esposizione ai contaminanti è consigliato utilizzare acque in bottiglia e ed evitare latte vaccino.