Da poco più di una settimana, ultimi in ordine di tempo tra le varie strutture educative e scolastiche, hanno chiuso i battenti anche gli asili nido, una risorsa importantissima soprattutto per le mamme che lavorano e che dunque non hanno la possibilità di stare a casa con i propri figli. Ma qual è la situazione degli asili nido in Italia, quanto a diffusione del servizio e a utenza che riesce ad accogliere?
L’ultimo rapporto Istat, diffuso a luglio e riferito all’anno 2009/2010, sui Servizi socio-educativi per la prima infanzia fotografa una situazione in cui si evidenziano profonde differenze tra Nord e Sud e tra regione e regione. Il fanalino di coda, come è facile prevedere, è il Sud, dove solo il 3,4% dei bambini usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai Comuni, mentre al Nord-Est la percentuale sale al 16,4%.
A livello regionale, all’Emilia Romagna va il primato per la diffusione degli asili nido quanto a numerosità degli utenti (pari al 25,2% dei bambini tra zero e due anni) e anche per la diffusione del servizio sul territorio (oltre l’80% dei comuni coperti). Al Centro, e in particolare nel Lazio e nell’Umbria, si è registrato negli ultimi anni un aumento considerevole dell’offerta: in termini di bambini iscritti, su 100 residenti fra zero e due anni, i Comuni del Centro Italia hanno oltrepassato, nell’arco di cinque anni, la media del Nord-ovest (14,1%). Infine, rimangono decisamente inferiori alla media nazionale dei parametri presi in considerazione le regioni del Sud e delle Isole, anche se si intravedono alcuni segnali di miglioramento.
Il trend, come si legge nel comunicato Istat, è tutto sommato positivo:
La percentuale di Comuni che offrono il servizio di asilo nido, sotto forma di strutture comunali o di trasferimenti alle famiglie che usufruiscono delle strutture private, ha registrato un progressivo incremento: dal 32,8% del 2003/2004 al 48,3% del 2009/2010. Di conseguenza, i bambini tra zero e due anni che vivono in un Comune che offre il servizio sono passati dal 67% al 77% (indice di copertura territoriale).
E tuttavia, certo è che il servizio è ancora insufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione soprattutto in alcune regioni: ad esempio, sempre rispetto ai residenti tra zero e due anni, l’Abruzzo, la Basilicata e la Sicilia hanno tassi di presa in carico di bambini all’asilo nido compresi fra 5% e 10%, mentre il Molise, la Puglia, la Provincia di Bolzano, la Calabria e la Campania hanno incidenze addirittura al di sotto del 5%.
Nonostante il generale ampliamento dell’offerta pubblica, la quota di domanda soddisfatta è ancora limitata rispetto al potenziale bacino di utenza: gli utenti degli asili nido sono passati dal 9,0% dei residenti tra zero e due anni dell’anno scolastico 2003/2004 all’11,3% del 2009/2010.
La situazione dettagliata dall’Istat (se volete approfondire i dati statistici, questo è il testo integrale) non sorprende più di tanto, anzi è piuttosto la cartina di tornasole di una realtà fin troppo nota nel nostro Paese: la profonda spaccatura tra Nord e Sud in termini di reddito, occupazione e benessere generale, compresi appunto i servizi al cittadino. Una frattura che ha origini lontane, che in nessun altro paese europeo è così evidente e che, nell’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, si ripropone sempre uguale a se stessa.