Il bambino è pallido, stanco, svogliato e a tratti irritabile? Forse non si tratta solo di una carnagione molto chiara che si incontra con un’indole capricciosa ma di anemia. L’anemia infatti è un disturbo piuttosto frequente nei bambini di due-tre anni di età. Questo succede perchè i bambini vengono già al mondo con una riserva di ferro insufficiente dal momento che durante le ultime settimane di gravidanza non riescono a trarne abbastanza dalla mamma.
Questa carenza di ferro innata però non è un problema durante i primi mesi di vita, poichè il sangue del bambino ha una massa ridotta e la modesta quantità di ferro che contiene gli è sufficiente. Man mano che il bambino cresce però i segni della mancanza di ferro si fanno evidenti, quando questa non viene colmata, con la comparsa di sintomi che vengono spesso sottovalutati o equivocati.
Pallore, apatia e irritabilità che, come accennato, vengono spesso scambiati per caratteristiche somatiche o caratteriali del bambino. Per questo motivo è opportuno, al termine del primo anno di vita, chiedere al pediatra se non sia il caso di svolgere un esame emocromocitometrico e somministrare eventualmente una terapia opportuna a rifornire il piccolo di tutto il ferro necessario.
La carenza di ferro nei bambini può essere prevenuta somministrando, quando non sono allattati al seno o non lo sono più, un latte specifico arricchito in ferro e, laddove possibile, fargli mangiare regolarmente gli alimenti che ne sono più ricchi (attenzione però alla sua biodisponibilità).
L’anemia però può insorgere anche dopo la nascita e può dipendere dalla presenza di patologie che impediscono al bambino di assorbire adeguatamente il ferro come la celiachia (intolleranza al glutine) o di particolari intolleranze ad alcune proteine del latte vaccino che creano microlesioni intestinali e, di conseguenza, l’insorgenza dell’anemia. In questi casi è sufficiente eliminare dalla dieta l’alimento dannoso per recuperare il deficit.
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