Una delle malattie “moderne” che fa più paura è l’Aids. Probabilmente questo virus esiste da sempre, ma solo ora che ne siamo consapevoli, spaventa. Peccato però che i timori restino sempre su carta, perché poi – nella vita di tutti i giorni – non sono a sufficienza le persone che si proteggono, complice anche l’uso dei contraccettivi ormonali. In Africa, inoltre, le iniezioni trimestrali per il controllo della nascita raddoppiano il rischio di contagio.
Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases, questi prodotti volti a proteggere le donne da eventuali gravidanze indesiderate, le espongono al rischio di diventare seriopositive o di trasmettere l’infezione. Per quale motivo? Intanto perché sono in molte a credere che la pillola e i farmaci di questa famiglia proteggano in assoluto, quando non è così. La questione diventa ancora più importante se si pensa all’Africa, paese totalmente martoriato da questo virus.
Il controllo delle nascite in questo continente è fondamentale: serve a migliorare lo sviluppo economico e a preservare la salute delle mamme e dei bambini. Per questo motivo, sono state create delle campagne informative che sensibilizzano su alcune iniezioni (un particolare metodo anticoncezionale) trimestrali. Se da un lato questa tecnica è più efficace del preservativo, dall’altra espone al rischio di Hiv quasi il doppio, ma non c’è ancora una spiegazione scientifica.
Un interessante studio condotto da un team di ricercatori University of Washington a Seattle ha analizzato i dati di 3790 coppia (all’interno delle quali c’era un partner sieropositivo). È emerso che il rischio di contagiare l’altro è raddoppiato. Non si sa ancora esattamente perché, ma gli esperti hanno notato maggiori secrezioni presenti nel collo dell’utero in quelle donne sieropositive che usavano i contraccettivi ormonali. Vittorio Colizzi, docente d’immunologia all’università di Tor Vergata, ha dichiarato:
Occorre una certa cautela perché lo studio, per stessa ammissione degli autori, contiene diversi bias. Si basa su informazioni ‘self-reported’ e non controllate, né a livello clinico né di laboratorio. Ci vorranno altre ricerche, ma il dato sollevante è rilevante perché di fatto si è visto un raddoppiamento del numero d’infezioni.
[Fonte: LaRepubblica]
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