Il bambino piange all’improvviso senza nessun motivo apparente e in maniera energica (magari dopo l’allattamento e il cambio del pannolino)? Fateci caso, potrebbe essere particolarmente sensibile ai rumori reali nello spazio circostante e soffrire di iperacusia. Oppure, ancora, potrebbe sentire rumori immaginari, percepibili solo da lui, e soffrire quindi di acufene (in Italia 60 mila persone sono affette da iperacusia e ben 7 milioni da acufene, sebbene solo il 4% di questi abbia una forma disabilitante).
L’iperacusia è un’eccessiva intolleranza nei confronti dei rumori esterni. L’acufene o “tinnitus” è invece la percezione di rumore (fischio, ronzio, sibilo..) in assenza di qualunque sorgente sonora esterna. Entrambi sono fenomeni estremamente frequenti, ma essi diventano un “disturbo”, e come tali degno di trattamento, quando la loro presenza procura fastidio, limitando la concentrazione, il sonno e le altre attività della vita quotidiana, provocando frequenti mal di testa, nervosismi o determinando una vera e propria reazione di allarme, come appunto il pianto nel caso dei piccoli.
Certo, il pianto non è un sintomo così caratteristico e il problema si acuisce con i neonati, che non possono rispondere alle domande, più che nei bambini più grandi, dai quali è possibile almeno ottenere delle risposte. Ma un’attenta osservazione di un numero elevato di casi può aiutare a comprendere.
Nel momento in cui quindi, dopo un’analisi attenta dei sintomi dell’iperacusia e dell’acufene, il sospetto che si tratta di questi disturbi aumenta, sarebbe consigliabile prenotare un esame audiometrico per testare la situazione.
La buona notizia è che se problemi di udito di questo tipo vengono accertati, per risolverli non è necessario alcun tipo di farmaci. La cura consiste semplicemente in una ricalibrazione del cervello, abituandolo a ricostruire la scala dei suoni e a sopportarli.
Il concetto è lo stesso dell’allergia, bisogna aumentare pian piano le dosi, riabituando l’organismo. Il metodo è la “sound therapy”, da non confondere con la musicoterapia.
“La terapia del suono è un trattamento medico – precisa Domenico Cuda (direttore UO Otorinolaringoiatria dell’Ospedale G. da Saliceto di Piacenza) – e non utilizza farmaci. Per questo genere di disturbi, così connessi con gli equilibri della psiche, pillole e pasticche non servono. Bisogna agire sul cervello. A meno che di mezzo non ci sia una patologia psichiatrica a sé stante, come una grave depressione“.
In ogni caso, patologie o meno, come molti paesi mediterranei, l’Italia è un paese rumoroso e questo non è certo un fattore positivo. Abituarsi a diminuire o a non alimentare l’inquinamento acustico (tenendo dispositivi elettronici – tv, radio, telefonino – ad un volume ragionevole ed evitando di parlare in casa a voce troppo alta) sarebbe d’aiuto a non sviluppare ipersensibilità di questo tipo.