I nutrizionisti americani credono che l’accesso degli scolari all’acqua sia un problema da affrontare: solo il quindici per cento di bambini in fascia d’età intorno ai 10 anni consumano quantità adeguate di acqua (dati del National CDC Salute e Nutrizione Examination Survey) e dal momento che essi trascorrono una larga percentuale delle loro ore di veglia a scuola, proprio qui dovrebbero assumere metà della razione di acqua totale giornaliera.
Le raccomandazioni standard per i bambini sono di 6-8 bicchieri di acqua al giorno, mentre per i ragazzi adolescenti, che ne hanno ancora più bisogno, di 11 bicchieri al giorno. Spesso non si considera quanto il consumo di acqua sia fondamentale anche per l’apprendimento, per le prestazioni mentali e fisiche, ma anche per la prevenzione di malattie in età adulta e, soprattutto per le ragazze, di disturbi legati alla ritenzione idrica, come la cellulite.
In America l’anno scorso Michelle Obama ha promosso il suo “Let’s Move!”, la
campagna che ha l’obiettivo di ridurre l’obesità infantile (disturbo avvertito dagli americani come una minaccia per la sicurezza nazionale) e tra le iniziative è stata prevista una maggiore disponibilità di acqua potabile nelle scuole.
L’ambiente è cambiato molto in questi ultimi decenni, le bevande dolci sono a buon mercato, largamente disponibili e fortemente promosse e in questo quadro le scuole hanno una responsabilità particolare nel creare un ambiente che renda facile per gli studenti fare scelte intelligenti e lungimiranti.
In Italia qualcosina si muove in questa direzione, anche in vista del prossimo referendum del 12 giugno sull’acqua pubblica e la sua distribuzione. Specie al nord e in Sardegna si sta procedendo all’installazione di alcune fonti di acqua potabile (che per questo dovrebbe essere ancora più controllata e garantita) in diverse scuole e ciò avrebbe anche l’effetto secondario, ma non meno importante, di ridurre i materiali di scarto e i costi di produzione dell’acqua in bottiglie di plastica.
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