Essere un po’ confusi sulla propria identità e soprattutto sulla propria sessualità, è abbastanza normale da bambini. Alcuni piccoli vorrebbero essere bimbe per giocare con le bambole e alcune bimbe vorrebbero essere ometti per fare la pipì in piedi (gesto di grande attrazione per il genere femminile). Poi ci sono i figli confusi dai genitori che desideravano tanto un fiocco di un colore ed è arrivato di un altro. Tutto questo non va confuso con il disturbo dell’identità di genere, che può manifestarsi fin dalla prima infanzia tra i 3-6 anni.
Questo disturbo colpisce circa il 20 percento dei bambini che hanno una reale confusione, mentre più della metà avrà un orientamento eterosessuale senza alcun problema, mentre gli altri avranno qualche difficoltà in più. A parlarne è Maddalena Mosconi, responsabile del Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere (Ssig) dell’Azienda ospedaliera S.Camillo-Forlanini di Roma.
In Italia non possiamo pensare che un bambino cambi sesso, come invece accade in Usa. Da noi ci sono molte più difficoltà nell’accettare queste manifestazioni. In una cultura più aperta come quella anglosassone, la battaglia per quale bagno usare a scuola è possibile farla già a 6 anni.
L’accettazione di questi ragazzi avviene molto più tardi, quasi alla fine dell’adolescenza. Prima ci sono dei canoni, degli stereotipi, così forti che mettono alla prova prima di tutto il genitore, che non vuole né vedere né accettare un problema di genere anche spiccato.
Quello che facciamo nel nostro centro è facilitare la vita di ragazzi e ragazze spesso isolati e marginalizzati dai coetanei. Le statistiche ci dicono che il 38% di loro lascia la scuola. Questa fragilità emotiva deve essere seguita e assistita da specialisti. E anche la famiglia non deve essere lasciata solo in questo percorso. La disforia di genere, che prima si chiamava disturbo dell’identità di genere, insorge fin dalla prima infanzia tra i 3-6 anni. Nella maggior parte dei casi è più evidente nei maschi.
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