I pericoli più insidiosi sono quelli che non si vedono. Viviamo in città inquinate, i giornali parlano di polveri sottili come se fosse nebbia o neve, di giornate a piedi, abbiamo sempre la gola irritata e il naso che cola, ma non facciamo nulla. È diventato tutto così normale, fa parte della nostra routine. In realtà non dovrebbe essere così e dovremmo lottare per garantire un modo più pulito, soprattutto per la salute dei nostri figli. Perché questa premessa? Perché secondo uno studio, essere esposte a livelli elevati di inquinamento atmosferico durante la gravidanza aumenta di due volte le possibilità di avere un bimbo con disturbi dello spettro autistico rispetto alle donne che vivono in aree poco inquinate.
Come sempre, l’obiettivo non è quello di spaventare nessuno né di creare allarmismi. Semmai il desiderio è quello di ritagliarsi 10 minuti per riflettere sul nostro stile di vita. Questa ricerca è la prima su scala nazionale ad analizzare l’associazione tra autismo e inquinamento dell’aria negli Stati Uniti. I fattori più rischiosi sono l’esposizione al diesel, al piombo, al manganese, al mercurio, al cloruro di metilene e ad altri inquinati. Queste sostanze sono note per influenzare negativamente la funzione del cervello e lo sviluppo sano del bambino.
Durante la ricerca è emerso che il 20 percento delle donne che vivono in zone inquinate (soprattutto da diesel e mercurio nell’aria) hanno il doppio delle probabilità di avere un bambino con autismo. La percentuale, seppur alta, tende a calare con sostanze come piombo, manganese, cloruro di metilene e metallo, perché è del 50 percento. Insomma, vivere in un ambiente inquinato non è normale e non è neanche sano. Dobbiamo lavorare per dare un piccolo contributo e soprattutto per insegnare ai nostri piccoli il rispetto per la Terra. Andrea Roberts, responsabile dell’indagine, ha commentato:
I nostri risultati sono preoccupanti perché, a seconda dei livelli di inquinamento, dal venti al sessanta per cento delle donne Usa sembra vivere in zone a rischio autismo.
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