La villocentesi: cos’è e come avviene

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villocentesi

Un esame simile all’amniocentesi per verificare se ci sono malformazioni nel feto è la villocentesi che consiste nell’asportazione di alcuni villi coriali, ovvero dei frammenti tessutali della placenta, tramite un ago inserito nella zona sotto all’ombelico. La villocentesi non è dolorosa, tanto che non richiede né l’anestesia totale né quella parziale.

In genere viene effettuata dopo la decima settimana di gravidanza fino alla dodicesima, cioè durante quel periodo della gestazione in cui, attraverso i villi coriali è possibile studiare il feto; dopo l’asportazione dei villi alla donna viene iniettata per via intramuscolare una dose di immoglubina AntiD, che serve ad evitare il contatto del sangue della mamma con quello del feto. Questo incontro non deve avvenire in quanto il sangue della gestante potrebbe immunizzarsi perchè non riconosce il sangue del bambino, provocando serie conseguenze.

Una volta che l’ago viene estratto dalla pancia della mamma, un sistema ecografico verifica se il feto presenta o meno malattie cromosomiche oppure genetiche; la villocentesi è un esame invasivo, in quanto vi è un ago che entra in contatto con la placenta, e, come tutti gli esami invasi durante la gravidanza, ha un margine di rischio di aborto, che in questo caso è dell’uno per cento.

La villocentesi è particolarmente consigliata se la gestante ha superato i 35 anni di età, se sono presenti nella famiglia delle alterazioni di origine cromosomica, se le ecografie sono risultate positive alla presenza di malformazioni, oppure per studiare il dna fetale. Dopo che la villocentesi è stata effettuata, la gestante deve stare a riposo per due giorni e controllare se ci sono perdite ematiche, e in questo caso, consultare subito il medico.

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