Saranno gli anni che passano ma negli ultimi tempi mi viene in mente sempre più spesso la mia infanzia e, come capita credo a molti genitori, mi ritrovo a paragonarla a quella dei bambini di oggi e a rintracciare differenze abissali. Non ricordo, ad esempio, di essere mai stata accompagnata a scuola da mamma, fatta eccezione per il primo giorno di elementari. Ricordo bene invece che ogni pomeriggio si usciva a giocare e si finiva ad esplorare ogni angolo dei giardinetti sotto casa per rientrare giusto in tempo per lavarsi le mani e cenare. Niente di più diverso di quanto accade alla stragrande maggioranza dei nostri bambini.
Secondo una ricerca condotta in 15 Paesi tra cui il nostro, infatti, solo l’8 per cento dei bambini italiani percorre da solo il tragitto che lo porta da casa a scuola e viceversa. Una percentuale talmente bassa da essere sconfortante, soprattutto se paragonata a quella tedesca: il 76 per cento. A questo dato se ne aggiunge un altro che non esito a definire tristissimo: nel Belpaese praticamente nessun bambino al di sotto dei dieci anni di età esce solo da casa, in nessuna occasione.
A dirlo sono i pediatri italiani che in un articolo comparso di recente sulla rivista di pediatria Uppa Un pediatra per amico hanno definito i nostri figli agli “arresti domiciliari”; l’infanzia cioè ormai la si vive rinchiusi entro le mura di casa. Risultato? I nostri figli non fanno alcuna esperienza in autonomia; quando escono infatti lo fanno sempre accompagnati e ogni attività di gioco avviene sempre sotto la nostra supervisione, per quanto discreta.
Una volta arrivati all’adolescenza quindi sono irresponsabili e immaturi e molto più esposti ai pericoli di quanto noi non vorremmo. D’altra parte, l’accompagnarli ovunque e il controllarli costantemente è solo espressione della nostra, giustissima, volontà di proteggerli ma siamo sicuri di fare sempre la cosa giusta?
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