Un braccialetto come simbolo della famiglia. Succede all’ospedale di Padova, dove per la prima volta sono riconosciute le coppie di genitori omossessuali. Dopo il parto a mamma e piccolo viene messo un braccialettino con numero identificativo. Esiste un terzo bracciale, che di solito viene dato ai papà. I tre braccialetti fino a oggi sono sempre stati diversi, non solo per grandezza e perché riportavano i nomi “madre” e “padre”.
Nessuno si era mai posto il problema delle coppie omosessuali, finché un paio di mesi fa una donna si è rifiutata di indossare il bracciale con scritto padre. In ospedale aveva appena partorito la compagna, che come padre ha indicato nome e cognome dell’amica. La donna ha firmato il registro dell’atto di nascita, ma non ha voluto indossare quello che per la coppia rappresenta un simbolo di discriminazione.
Non è passato molto tempo da questo caso. Così la direzione sanitaria ha deciso di cambiare la dicitura dei braccialetti da «padre» in «partner». Il primario Giovanni Battista Nardelli ha dichiarato:
Ormai non si può più ragionare in modo tradizionale, abbiamo preso questa decisione per non offendere la sensibilità di nessuno.
Non è l’unica novità, perché il primario ha annunciato che sta lavorando per poter avere la qualifica di «ospedale amico delle mamme» grazie a modelli organizzativi e culturali all’avanguardia nel settore. Aggiungiamo poi un altro dettaglio sulla storia delle due donne: pochi giorni fa abbiamo parlato di anonimato del parto e tutela della privacy. Ecco questa storia, in modo diverso, conferma quanto abbiamo già raccontato.
Le signore hanno potuto avere un bambino grazie alla fecondazione eterologa, procedimento vietato Italia e realizzato con la donazione di un seme maschile. Venuto il momento del parto, la donna si è recata in ospedale e non le sono state fatte domande sulla gravidanza e i medici l’hanno aiutata a mettere alla luce il bimbo, che ora ha due madri.
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