Secondo uno studio dell’Università di Pittsburgh condotto su un campione di oltre duemila donne in gravidanza i livelli di vitamina d della madre durante il primo trimestre di gestazione sono correlati al peso e alla circonferenza cranica del bambino al momento della nascita. I nati da madri con deficit di vitamina d, infatti, erano mediamente più piccoli rispetto all’età gestazionale rispetto ai nati da madri che mostravano livelli adeguati di questo nutriente.Sono diversi gli studi che negli ultimi anni hanno fatto luce sull’importanza della vitamina d per lo stato di salute generale e per lo sviluppo del feto. Una ricerca condotta da un team di ricercatori parigini, riferita ai livelli di vitamina d del nascituro, ha dimostrato infatti che questi potrebbero essere influenzati dall’esposizione della madre all’inquinamento ambientale durante la gravidanza.
Ad alti livelli di esposizione materna ad agenti inquinanti quali biossido di azoto, polveri sottili e particolato corrispondeva un più basso livello di vitamina d nel sangue del nascituro, carenza dalla quale deriverebbe un più alto rischio di sviluppare asma e allergie nel corso della vita. Altri studi hanno poi dimostrato il ruolo della vitamina d nello sviluppo cerebrale del feto, attribuendo ad una sua carenza addirittura l’insorgenza di disturbi del linguaggio.
Si comprende quindi quanto sia importante prevenirne il deficit attraverso una corretta integrazione. Purtroppo le fonti alimentari di vitamina d non sono molte (si trova soprattutto in uova, pesci azzurri, latticini) e per di più questa viene sintetizzata per la maggior parte a livello dell’epidermide e il processo di sintesi necessita di un’adeguata esposizione al sole per avvenire.
Per questo motivo la futura madre non deve limitarsi solo ad assumere gli alimenti che la contengono ma avere cura di esporsi alla luce solare almeno una mezz’ora al giorno. Su consiglio del medico, laddove opportuno, si può ricorrere agli integratori alimentari.
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