Che sia sano. È questo l’unico desiderio delle mamme in attesa, che si sottopongono a tutti gli esami e gli accertamenti. Purtroppo non sempre però le cose vanno per il verso giusto, a volte la natura è più forte di ogni desiderio ed è necessario arrendersi all’evidenza. Scoprire quindi durante la gestazione che il proprio piccolo sarà Down, è doloroso ma dà tempo alla mamma di accettare la notizia e scegliere per il suo futuro, scoprirlo alla nascita è ben cosa diversa.
La Cassazione ha riconosciuto, per la prima volta, il diritto all’indennizzo anche al bambino che nasce disabile e non solo alla famiglia. La sentenza è arrivato a seguito della storia di una famiglia veneta. La mamma, dopo aver già avuto due figli, scopre di essere in attesa del terzo. La donna fa sapere al medico che è disposta a tenere il nascituro purché sano, perché le risorse economiche sono poche e ha già due figli da mantenere e far crescere.
Il medico, comprensivo, le consiglia un test per investigare sulla gravidanza e sulla salute del feto (probabilmente il Bitest). Nulla di invasivo. La donna quindi non fa né amniocentesi né villocentesi. Il motivo? E’ giovane (29 anni) e ha già avuto due figli sani. Arriva così il giorno del parto: è una bambina ed ha la sindrome di Down. Si va in tribunale e il medico viene assolto (sentenza confermata anche in appello). I genitori decidono quindi di far ricorso in Cassazione. La Corte, stavolta, non solo accoglie il principio che non nascere a volte non è un danno, mentre nascere malformato e diventare invalido è un danno, ma conferma l’indennizzo per la famiglia e anche per la bambina.
È una novità assoluta, perché il risarcimento finora poteva essere chiesto solo dai familiari, considerato che il feto non è un soggetto di diritto e quindi, come sostiene il nostro codice, non ha diritto a non nascere. Ora, le cose stanno cambiando…
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