La mortalità infantile è calata. Secondo i nuovi dati di Unicef e Igme, i bambini che muoiono con meno di 5 anni sono scesi a 6,9 milioni nel 2011 da 12 milioni nel 1990. Si stima che ogni giorno sopravvivano circa 14mila piccoli in più rispetto a 20 anni fa. E’ ovviamente una notizia molto positiva, ma non basta. C’è ancora molto da lavorare.
I dati sono stati estrapolati dal nuovo rapporto ‘Committing to Child Survival: A Promise Renewed’, da cui è emerso che i Paesi a basso e medio reddito, come il Ruanda, il Bangladesh, Brasile, la Mongolia, ma anche ad alto reddito come Oman e Portogallo hanno fatto davvero enormi progressi. Sono stati in grado di ridurre di quasi il 70 percento il tasso di mortalità in due decenni. Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, ha dichiarato:
Il lavoro non è ancora terminato: milioni di bambini sotto i cinque anni continuano a morire, ogni anno, per cause in gran parte prevenibili, per le quali esistono soluzioni accessibili e a basso costo. Queste vite potrebbero essere salvate grazie a vaccini, nutrizione adeguata, assistenza medica di base e materna. Il mondo ha le tecnologie e le conoscenze per farlo. La vera sfida è mettere questo a disposizione di tutti i bambini.
E’ una sfida enorme, quanto importante per il futuro. Pensate che più della metà delle morti è causata da malattie che sono facilmente curabili come la diarrea o la polmonite. I piccoli che muoiono di queste patologie sono il 30 percento del dato mondiale e questo fenomeno si manifesta in soli quattro Paesi: India, Nigeria, Pakistan e Repubblica Democratica del Congo. Questa è la dimostrazione che tanto è stato fatto, ma che non bisogna assolutamente fermarsi, perché tanto c’è ancora da fare. Un messaggio di speranza arriva anche Giacomo Guerrera, presidente Unicef Italia:
Noi vogliamo arrivare a zero. Siamo sulla strada giusta perché sappiamo come salvare vite, lo abbiamo fatto e possiamo continuare a farlo, con l’impegno di tutti.
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