Mamme e lavoro: le ricerche ci dicono che le donne, con la maternità, acquisiscono competenze spendibili dal punto di vista professionale; la tecnologia è un’alleata sempre più potente per gestire famiglia e carriera; eppure, nello stesso tempo, arrivano inequivocabili segnali che questa conciliazione è sempre più difficile, quando non impossibile.
L’ultimo, in ordine di tempo, arriva dagli Stati Uniti, ed ha sollevato discussioni, interrogativi e polemiche in tutto il mondo. Si tratta del caso di Anne-Marie Slaughter, docente a Princeton, che dal 2009 al 2011 ha lavorato alle dipendenze di Hillary Clinton come direttrice della pianificazione delle politiche al Dipartimento di Stato Usa.
Un impegno importante, che per due anni l’ha tenuta impegnata lontano da casa dalla mattina prestissimo fino alla sera del venerdì; se non fosse che Anne-Marie ha anche due figli, e che, per poter dedicarsi anche a loro, alla fine ha scelto di lasciare il prestigioso incarico a Washington.
Traduzione: conciliare carriera e famiglia, a certi livelli, non è possibile per una donna; alla fine, si impone una scelta, e la scelta è quasi sempre in favore della famiglia.
Verso la Slaughter sono state mosse diverse critiche, ora esplicite, ora sottintese, da parte soprattutto delle donne in carriera che, a loro dire, sono riuscite nell’impresa di perseguire i propri obiettivi professionali senza trascurare i figli.
Ma Anne-Marie Slaughter, in un lungo articolo su “The Atlantic” (numero di luglio e agosto), ci ha tenuto a ribadire che questi casi non sono la regola, ma l’eccezione, che diventano tra l’altro un modello frustrante per le donne che, per mancanza di aiuti, di possibilità economiche o altro, invece non riescono a farcela.
Il dibattito è quanto mai aperto; rimane positivo, a mio parere, il fatto che finalmente qualcuno, in mezzo a tante supermamme in carriera, abbia puntate il dito contro gli ostacoli che una madre che lavora deve affrontare. Che insomma, qualcuno abbia ammesso che, per come stanno oggi le cose, “fare tutto” non è possibile; o almeno, non per tutti.
Fonte: La Stampa
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