Reparti ospedalieri chiusi a causa di poche nascite annue: in Sicilia, regione dove questo fatto si verifica molto spesso, sono stati chiusi circa 28 centri di ostetricia e ginecologia.
Secondo i medici del Sigo (Società italiana di Ginecologia ed Ostretricia), infatti, quest’operazione risponde a delle esigenze di sicurezza, perchè non è conveniente per la salute di madre e bambino, partorire in un reparto ospedaliero che, a causa dello scarso numero di nascite, non sia fornito delle attrezzature necessarie ad affrontare qualsiasi inconveniente o imprevisto durante il parto.
Lo scopo dei medici e delle figure istituzionali è in questo caso di dar vita a reparti ginecologici in cui si assistono almeno mille nascite annue, come previsto dai decreti ministeriali, mentre la maggior parte di quelli che ne assistono meno di 500 per anno sono stati già accorpati a centri più grossi entro la fine del 2011.
Un altro scopo dell’operazione, voluta fortemente sia dal Ministero che dal Sigo, è quello di omologare anche, all’interno di uno stesso centro ostetrico e ginecologico, il numero di parti naturali e cesarei, cercando di scoraggiare l’ulteriore innalzamento della frequenza dei tagli cesarei, secondo il principio dei cosiddetti Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi (che rientrano nei recenti metodi attuati dal sistema governativo per monitorare e contenere la spesa sanitaria).
Secondo Nicola Surico, presidente della Sigo
Fare 500 parti vuol dire avere almeno il 50 per cento di cesarei. Inoltre, questi punti nascita non hanno una guardia ostetrica permanente, con il neonatologo e l’anestesista. Bisogna fare informazione e spiegare alle donne che un punto nascita più grande garantisce una qualità maggiore per madre e figlio, grazie anche a tecnologie complesse che non tutti gli ospedali sono in grado di permettersi. Mantenere punti nascita con 38 o 60 nascite all’anno, come accade in Sardegna, è rischioso e improduttivo.
Secondo questo principio i reparti che stanno andando incontro a chiusura sono 123.
Il punto fondamentale del discorso è però, seguendo i suggerimenti di Nicola Surico, che ogni centro ostetrico e ginecologico che rimane aperto deve essere dotato di un pronto soccorso ginecologico permanente e attrezzato, fatto che ancora non si verifica in tutto il territorio nazionale.
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