Durante la legislatura precedente, a marzo di due anni fa, il governo e le parti sociali si sono riunite con lo scopo di conciliare lavoro e famiglia e di meglio regolare la genitorialità attraverso una modulazione degli orari di lavoro. L’intesa prevedeva la possibilità del congedo di maternità part time estendibile ad un anno, l’incentivazione del telelavoro, l’istituzione di banche dati e maggiore flessibilità negli orari di lavoro da parte delle aziende e dei datori.
Misure d’obbligo. Specie se si considera che, giustamente, si guarda con interesse agli incentivi alle assunzioni di donne e mamme.
In questi giorni si è riaperto il dibattito non solo sui diritti e il congedo di maternità, ma anche su quello di paternità.
La genitorialità non è questione esclusivamente femminile e anche i papà hanno il diritto, se non il dovere, di essere presenti nei primi mesi di vita del proprio figlio.
Inizialmente il padre aveva il diritto di congedo solo nel caso in cui la madre fosse ammalata o impossibilitata a prendersi cura del bambino; successivamente il Consiglio di Stato ha esteso la norma fornendo il diritto di ottenere giorni liberi dal lavoro anche nei casi in cui la madre non lavorasse o fosse perfettamente in buona salute, sulla scia della decisione dell’Ue sul congedo di paternità obligatorio.
A voi i dati, significativi quanto deludenti, sulle percentuali di utilizzo del congedo di paternità
nel secondo trimestre del 2010, il 37,5% delle madri occupate ha interrotto temporaneamente l’attività lavorativa, dopo la nascita del figlio più piccolo, per almeno un mese. Volete sapere quanti papà hanno fatto la stessa cosa? L’1,8% degli uomini.
Il fatto è, secondo la docente di sociologia dell’Università di Milano la Bicocca Francesca Zajkzyc, che le novità sui diritti di paternità non vengono solertemente comunicati alle aziende e gli uomini lavoratori non sono incentivati a utilizzare i giorni concessi dalla legge.
Alessia Mosca, deputata Pd, ha pensato quindi che per risolvere il problema il congedo di paternità debba essere reso obbligatorio per quattro giorni; un intervallo di tempo che sembra iniquo, ma che può servire a, come si suol dire, modificare i costumi, a far in modo cioè che si rompa questa sorta di pregiudizio nei confronti del “mammo” e a incentivare all’utilizzo del congedo facoltativo e volontario.
Si conta che questo mese la proposta della deputata verrà messa all’ordine del giorno. Attendiamo.
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